divorzio
Orfani dell’amore
di Silvio Longobardi
Maggio 1974: il referendum sanciva la legge approvata quattro anni prima: il divorzio entrava così a pieno titolo nella legislazione e nella vita sociale del nostro Paese. Molti lo salutarono come una conquista civile, per altri quella scelta favoriva e amplificava una cultura della provvisorietà che avrebbe avuto gravi conseguenze nel futuro. A distanza di quarant’anni possiamo dare una lettura meno ideologica, partendo dai fatti.
“Ho paura”, mi disse una volta un ragazzo di 11 anni. Di cosa hai paura? “Che i miei genitori si separano”. Li sentiva litigare spesso e sapeva che i genitori di alcuni coetanei si erano separati. I litigi gli facevano male ma ancora più male era pensare di vederli separati. Colloqui come questi sono sempre più frequenti in una società che presenta la separazione coniugale come una soluzione del conflitto e non come l’inizio di un conflitto ancora più aspro che attraversa il cuore dei figli.
Elena, 16 anni, nome di fantasia, porta il peso della separazione genitoriale, un peso più grande delle fragili forze di un’adolescente che deve tutelare il fratello più piccolo e certamente ancora più debole. La mamma è troppo impegnata nel lavoro ed assorbita dalla nuova relazione affettiva per occuparsi dei figli. Grazie a Dio ci sono i nonni, sono loro che garantiscono una presenza affettiva capace di attenuare i danni psicologici dei minori. Restano però ferite che non si rimarginano tanto facilmente e spesso condizionano le scelte di questi ragazzi, anche e soprattutto quelle affettive.
Quando si parla del divorzio pensiamo esclusivamente agli sposi. Propongo invece di dare la parola ai figli del divorzio, a loro che subiscono i conflitti dei genitori e sono costretti a costruire anche nel cuore stanze separate. Sono proprio loro le prime vittime. Doppiamente vittime. In primo luogo perché non hanno avuto dai genitori la testimonianza di un amore capace di riempire di gioia la vita. In secondo luogo perché sono costretti a vivere con un solo genitore e spesso ad assistere ancora ai loro conflitti e ad essere usati dai genitori come un’arma o un’esca. Che tristezza!
Quando parliamo del divorzio facciamo parlare i figli. Questi ragazzi hanno sentito la terra tremare sotto i piedi e vivono nella paura che venga il terremoto a distruggere una casa che già presenta non poche crepe. E quando questo accade, contro tutte le loro aspettative, si ritrovano soli con tante domande e nessuna risposta e soprattutto nessuno a chi chiedere risposte. Le loro mamme non hanno più tempo per loro, non tutto il tempo di cui hanno bisogno, ancora di più perché si sentono un po’ orfani. Anche i papà sono più distanti, a volte assorbiti da nuovi legami. Non tutti sono così. Ma non facciamoci troppe illusioni, tante volte dietro le apparenze si nasconde un disagio che prima o poi esplode.
Brutta storia. Ma ormai siamo così abituati da non farci più caso. A questi figli, orfani dell’amore, dovremmo dare la medaglia al valore civile perché hanno combattuto una difficile battaglia. E nonostante tutto forse credono ancora alle favole a lieto fine. Vorremmo anche noi avere la stessa ingenua speranza.
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