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Alessandra – Dietro una grande storia, una grande donna

di Emanuela Pandolfi

Alessandra Caneva, classe 1959 è sceneggiatrice, soggettista, narratrice, lavora come consulente editoriale per la Lux Vide e come consulente artistico-letterario per la struttura di Rai Fiction. Ha ideato e scritto numerosi soggetti per fiction televisive, in particolare: Lourdes, il Padre Pio diretto da Giulio Base e interpretato da Michele Placido, vincitore dell’Oscar Televisivo 2001, Antonio da Padova. È coautrice del soggetto di serie di Don Matteo 2 e Don Matteo 3.

Moglie e madre, sceneggiatrice, soggettista e narratrice. Come riesce a declinare ogni aspetto della sua vita, cercando di rispondere ad ogni singola chiamata e custodendo però la sua origine? 

Facendo i salti mortali. Ormai le mie quattro figlie sono grandi. Due sono sposate, solo una vive con me. Mi sono organizzata. Tuttavia ho sempre messo la famiglia al primo posto anche se sapevo che la mia carriera poteva saltare per questo da un momento all’altro. Sono stata fortunata.

Come è iniziata la sua esperienza televisiva? 
La mia carriera televisiva è iniziata per caso. Sono laureata in lettere moderne e ho frequentato scuole di sceneggiatura americana di alto livello già da quando avevo tre figli. Venticinque anni fa c’erano molte più possibilità rispetto ad oggi. La Lux Vide è stata la prima azienda per la quale ho lavorato. Poi sono stata consulente di Rai Fiction per quindici anni e ho sempre svolto un lavoro doppio di consulente editoriale e di autore.

Quale, tra le serie che curato, ha richiesto un impegno maggiore, portando con sé anche un carico affettivo? 
Sicuramente Don Matteo a cui ho collaborato al soggetto di serie che firmo con altri tre bravissimi autori. Oggi Don Matteo è scritto da un team di autori giovanissimi e molto bravi che lo hanno saputo rinnovare negli anni. Continuo a seguire la serie, quest’anno ho scritto il soggetto di una puntata e continuo a svolgere un ruolo di consulenza editoriale. Don Matteo è una specie di miracolo; racchiude commedia, umanità, insegnamento cristiano, senso della vita, le conseguenze negative del male nella vita dell’uomo, la speranza che si può sempre ricominciare.

Ha curato principalmente serie tv improntate sulla spiritualità cristiana. È possibile comunicare la fede anche passando per il piccolo schermo? 
Prima dell’anno giubilare del 2000, la Lux aveva elaborato qualcosa che non era mai stato visto in tv: la fiction religiosa. Erano stati prodotti film su figure di santi ma in modo agiografico prettamente confessionale, mai tenendo presente i linguaggi moderni della fiction. Il primo in assoluto fu Fatima prodotto per Mediaset. Nel film era contemplata una grande storia d’amore tra una cantante di fado e il figlio di un giornalista massone. Si è scavato molto sul significato storico di una apparizione o su un carisma di un particolare santo, ma la santità andava raccontata nella sua umanità più profonda, comprese le fragilità. Penso di aver contribuito molto a questo progetto di fiction religiosa che ha suscitato molto interesse nel pubblico sbancando gli ascolti. Ho firmato il soggetto di Lourdes, Padre Pio, S. Antonio da Padova, ultimamente anche quello di Santa Barbara. Credo che ricostruire con realismo la vita di un santo possa certamente trasmettere, nel modo più immediato e toccante, la fede. Ma poi lo spettatore deve andare oltre l’emozione.

I genitori e gli educatori possono diventare ponti tra i mezzi di comunicazione (la tv in questo caso) e i ragazzi? E con quali modalità? 
I genitori devono diventare ponti! Soprattutto devono educare alla bellezza i figli che dopo, da soli e con libertà, saranno in grado di scegliere. Non si tratta di fare censure ma di trasmettere il fatto che l’essere umano ha una altissima dignità, quindi il godimento che proviene da uno spettacolo deve essere umano, all’altezza cioè della dignità. I criteri che ho seguito sono stati: qualità e quantità. La tv non si vede per ore e ore senza controllo. A casa mia, dopo il lavoro per me e i compiti per le ragazze, c’era il tempo libero e tra le tante cose si poteva vedere un bel film. Il cineforum familiare era una consuetudine a casa nostra. Spiegavo le dinamiche della storia e la costruzione dei personaggi nonché come individuare quale fosse la visione dell’autore. Questo dai cartoon ai tv movie ai film al cinema.

Le sue figlie come vivono il suo lavoro? 
Il mio non è un lavoro solitario. Lo faccio con gli altri. Il fatto che le ragazze abbiano letto romanzi scritti da me spero le abbia stimolate a lasciare anche loro un contributo alla società, ognuna nel proprio campo. Ho due figlie artiste, una pittrice già affermata e l’altra studentessa all’Accademia delle Belle Arti. Le altre due figlie svolgono una professione nell’ambito psicologico e psichiatrico. Nessuna di loro ha seguito la mia difficile strada ma credo che si impegnino molto per trasmettere la bellezza con un atteggiamento di donazione verso il prossimo. I creativi sono narcisisti e melanconici. Anche io lo sono per natura ma la maternità mi ha aiutata molto a non snaturare me stessa e a prendere poco sul serio il mio ego.

A cosa sta lavorando adesso? 
Ho appena scritto un film su Tommaso d’Aquino. Ho ripubblicato in versione e-book “Settanta volte sette”, un intenso romanzo che racconta un percorso difficile di perdono e ve lo consiglio.




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