testimonianza
Un ospedale da campo sul fronte della vita
La Giornata per la vita quest’anno coincide con la Giornata per la vita consacrata. Due eventi che trovano nella figura di Flora Gualdani una meravigliosa armonia. L’ opera prolife di questa ostetrica aretina compie mezzo secolo. La carità nella verità: tra fede, scienza e cultura . Nel 50esimo anniversari o di “Casa Betlemme ”, alcuni riconoscimenti significativi al cammino della fondatrice: il premio alla carriera Santa Gianna Beretta Molla, il premi o Ruah, il premio della Marcia nazionale per la vita.
Della figura di Flora Gualdani abbiamo già parlato nel n. 3 del 2012, raccontando ai lettori la storia personale e la sua esperienza pionieristica nella pastorale della vita nascente, tra azione e contemplazione. Invitata dalla redazione nel marzo scorso per una testimonianza alla Cittadella della Carità, ad Angri è stata ospite nella casa di accoglienza “Santa Gianna Beretta Molla”. In ottobre l’associazione Scienza & vita della Lunigiana le ha assegnato a Pontremoli il premio alla carriera intitolato proprio a Santa Gianna «per aver difeso la vita con la penna e con le opere» aiutando le donne «a recuperare la loro libertà e dignità personale, traghettandole da un dolore devastante all’autonomia, per restituirle alla società quali madri autorevoli».
Flora ha spiegato che tutta la sua opera è partita dal gesto coraggioso di una giovane malata di cancro che nel 1964 decise di non abortire, come Gianna. Si oppose al consiglio dei medici dicendo che preferiva aspettare il ritorno di Flora dalla Terra Santa. Intanto l’ostetrica toscana, dentro la grotta di Betlemme, riceveva un’intuizione travolgente sulla sua vocazione. Nacque una bella bambina e quella madre, sostenuta da Flora, lentamente guarì: «perché Dio è regale: restituisce vita per vita». Ma siccome i Suoi piani li conosce solo Lui, «Gianna fu chiamata a lavorare dal cielo, da santa. Invece a questa giovane ha chiesto di rimanere in terra per fare da mamma e da nonna».
Usando un’immagine cara all’attuale pontefice, Flora ha illustrato Casa Betlemme come un “ospedale da campo” dove si è specializzata nel curare diversi tipi di ferite e povertà: «arrivano qui donne sole e disperate tentate dall’aborto, di ogni religione e livello culturale, ma anche quelle con il tormento interiore di un aborto alle spalle, oppure coppie che soffrono per la sterilità o per diagnosi prenatali preoccupanti». La sua esperienza è diventata un servizio alla “maternità senza frontiere” in mezzo alle guerre, tra i diseredati della terra e per le strade delle nostre città: le periferie esistenziali. Nessuna donna è tornata da Flora pentita di aver accolto la vita: «né l’undicenne incinta né la vittima di violenza».
C’è sempre un modo per salvare una persona, ripete lei: «basta volerlo». Come utopie concrete, i famigerati casi limite, con dedizione e sacrificio, sono diventati casi di «dolore risolto». Lo ha spiegato a giugno a Roma in una toccante relazione tenuta all’all’Istituto di Studi Superiori sulla Donna. Nella pastorale della vicinanza, Casa Betlemme è luogo di riconciliazione. Insegna una morale incarnata che diventa balsamo perché incentrata sulla potenza di Gesù misericordioso «che scende con il cuore sopra le nostre miserie». Altra utopia concreta è aver fatto tutto «senza soldi né convenzioni ma con forti convinzioni», in gratuità ed evangelica povertà. Francesco, Caterina e Teresina: nel suo sentiero la nostra fondatrice si è affidata a questi tre santi. Lasciandosi tenere per mano dalla Madonna «perfetta Regista della storia, e di ogni storia». Tra i reparti d’eccellenza del suo ospedale da campo, c’è quello formativo.
La Regola è Ora, stude et labora. Sempre attenta ai segni dei tempi, Flora alla fine degli anni ’80 lasciò in anticipo la professione sanitaria per dedicarsi totalmente all’apostolato intravedendo l’emergenza educativa. Casa Betlemme vuol essere infatti «una piccola università dell’amore», una scuola di vita dove sono passati in tanti: «vergini e prostitute, analfabeti e professori, piccoli e anziani, artisti e giornalisti, famiglie ferite, vescovi e sbandati. E tante coppie di innamorati». Ispirate agli insegnamenti del beato Giovanni Paolo II sull’amore umano, le catechesi di Flora affascinano giovani e meno giovani: tra teologia e bioetica, disturbano le coscienze e scaldano i cuori, come chiede papa Francesco. Alla sua scuola si sono formate numerose famiglie cristiane, e il capitolo più criticato del magistero ha trovato attuazione, facendosi prassi tra la gente: una realtà interessante per il prossimo sinodo dei vescovi, in una Chiesa che vuole ascoltare con più attenzione la voce di laici e donne. Dopo aver camminato per decenni nel nascondimento, Casa Betlemme è stata scoperta da quando Mons.Gualtiero Bassetti, riconosciutone il carisma, nel 2005 volle erigerla ad associazione pubblica di fedeli. L’apostolato itinerante ha dato vita ad un ramo artistico (Wolokita Project).
Le prime coll a b o r a z i o n i con i ballerini Cinzia e Antimo Verrengia della Fraternità Francescana di Betania, poi il cantautore Daniele Sciacca (Mir). Claudia Koll ha firmato la p r e f a z i o n e di “Betlemme Betlemme, speranza futura”, una raccolta dei primi scritti spirituali e poetici di Flora: e lo scorso dicembre al teatro Ghione di Roma le ha assegnato, a nome dell’Associazione le Opere del Padre, il “Premio Ruah per l’Arte e la Cultura” perché «si riconosce nella sua scrittura, sobria e avvincente, il soffio dello Spirito che dà vita. Racconta con mano lieve e pudica quanto opera nella sua “Casa Betlemme” dove incoraggia ad accogliere la vita, consapevole che l’amore è da Dio e vince ogni ombra e pulsione di morte». Nella stessa serata consegnavano il “Premio Ruah per la pace” alla memoria di Shahbaz Bhatti, il ministro pakistano morto da martire. Flora ha spiegato al pubblico che, mentre questo fratello cristiano ha vissuto eroicamente il martirio del sangue, a lei il cammino ha chiesto di affrontare «il martirio delle idee e del cuore: cioè sacrificare carriera e amicizie, a volte le più care, e indice di gradimento, per rimanere fedeli alla verità totale». Lo stesso coraggio che ebbe Paolo VI nel firmare l’Humanae vitae scegliendo, come qualcuno disse, di spiacere a tutti per non mentire a nessuno. Testimone esemplare nel Vangelo della vita ed esponente di “un nuovo femminismo” (E.V. n. 99), Flora in maggio riceverà il premio della Marcia nazionale per la vita, tra i maggiori eventi prolife europei.
Coniugi Davide Zanelli e Marina Bicchiega,
Fraternità di Casa Betlemme, Arezzo
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