Andreana Bassanetti

Dov’è mio figlio? Sguardo sulla vita del mondo che verrà

di Emanuela Pandolfi

I nostri lettori hanno già incontrato Andreana Bassanetti, una mamma che ha trasformato il silenzioso grido di dolore in una voce fuori coro che anela alla speranza. Dopo la morte inattesa della figlia ha attraversato un periodo di conversione che ha visto l’acme nella fondazione dell’Associazione Figli in Cielo. Oggi, con una nuova pubblicazione, vuole difendere la sacralità del dolore, che ciascuno vive quando perde una persona cara, specie quando è un genitore a vivere la separazione da quel figlio che ha generato dalla propria carne.

L’attenzione presto cade sul sottotitolo “Sguardo sulla vita del mondo che verrà”. Che significato ha?
È una parte del Credo che recitiamo, perciò è un principio fondamentale della nostra fede. Nello stesso tempo è una definizione nuova e più ampia della vita eterna: spesso ne parliamo identificandola con il nostro percorso cristiano, e allora volevo abbracciare tutti quei genitori che non hanno fede o pensano di non averla. In genere si vive un momento di smarrimento. Di fronte alla morte di un figlio crolla tutto, tutto viene messo in discussione e crolla anche la fede. Che cosa avviene dopo la morte? Che cosa è successo a mio figlio? Cosa devo fare? Com’è la vita in Cielo? Quindi la vita del mondo che verrà è quel luogo dove si trovano le nostre risposte; in fondo Cristo è l’unico ad aver dato risposte sulle morte.

Come si possono aiutare gli altri genitori a fare questo passaggio interiore quando tutta una valanga di domande investe il loro cuore in lutto?
Tutte le domande hanno un carico di colpevolezza. Il lutto a livello inconscio è legato alla colpa. Quando si vive un momento di prova e sofferenza ci si chiede ‘cosa ho fatto per meritarmi questo’ perché siamo abituati a un gioco di causa ed effetto. In questa ferita devono operare i sacerdoti che aiutano a vivere cristianamente queste domande. La risposta esatta non c’è ma è importante che viviamo in modo costruttivo e fecondo le nostre domande.
La psicologia non ha niente da dare al lutto. Si pensa che possa aiutare a elaborare il lutto, ma è un inganno pazzesco. La psicologia accompagna la persona per quella che è la sua vita terrena, senza porsi il problema della morte. Bisogna assolutamente partire dall’Alto se si vuole elaborare il lutto, e questo la psicologia non lo può offrire perché propone unicamente un aiuto orizzontale. Dopo tanti anni vissuti da psicoterapeuta posso affermare che con la psicologia si rimane nella morte, favorendo il più delle volte la rassegnazione e proponendo le soluzioni più fantasiose: acquisto un animale domestico, non entro più nella stanza del figlio, tolgo le foto che possono ricordarmelo.
Nello specifico noi mandiamo ogni mese un versetto domenicale in tutte le comunità sparse per l’Italia, accompagnato da riflessioni e domande riferite al versetto. È un modo efficace per farne risonanza, affinché l’uno cresca accanto all’altro per confrontarsi con la Parola di Dio.

Qual è il senso di sacralità che affida al dolore?
Un genitore vive in funzione del figlio e quando questo legame si spezza, viene a mancare il futuro, il presente e il passato turba. Se il dolore riesce ad attutirsi ecco che sbucano le risposte chiare e vere che già abbiamo scritte nel cuore. È il linguaggio dell’amore. Più grande è il dolore, più è manifesto l’amore che abbiamo per quella persona. Come le doglie del parto: una fatica immensa che genera una nuova vita. È un travaglio enorme che la psicologia non solo non favorisce ma lo trasforma in maniera deleteria.

Nel libro lei si oppone duramente anche ai mercanti dell’occulto, medium – insomma quella categoria di persone che pescano nella debolezza umana.
La morte costringe ad aprirsi all’aldilà e occorre una ricerca interiore che lasci entrare quello spiraglio di luce. Spesso allora questi impostori trasmettono una proiezione dell’aldiquà. Vogliono presentarci la bella copia di quello che già vivevano in terra. Nei gruppi sparsi per l’Italia abbiamo scoperto un esercito di sensitivi che si avvale della facoltà di far parlare con i figli ponendoli a volte in una assurda gerarchia eterea. Noi abbiamo un Dio – altro, con una realtà non più grande o più ricca ma diversa. E non sempre la Chiesa locale si contrappone con forza a questo vituperio.

Dobbiamo essere consapevoli delle opportunità che la Chiesa ci sta dando. Se una persona vuole sapere dove è suo figlio non dovrà certo chiederlo a una medium. Deve andarlo a cercare nella Parola di Dio e nel Magistero della Chiesa. È difficile anche per cultura che si cerchi risposte in libri di escatologia. Spero allora che nonostante la materia sia complessa di aver reso più semplice questo panorama in cui la vita ci conduce. Sono in contatto continuo con tanti genitori e capisco che sono interessati ed è importante che ricevano parole di verità e anche in questo modo testimoniamo la nostra fede in questo periodo così forte.




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