Caro Padre Léthel…

di fr François-Marie Léthel ocd

P. François-Marie Léthel ocd, Prelato Segretario della Pontificia Accademia di Teologia ha avuto la grande grazia di predicare gli Esercizi Spirituali per il Santo Padre Benedetto XVI nella Quaresima del 2011 (13-19 marzo). In esclusiva per la nostra rivista ci racconta la gioia di quei giorni e le parole che Benedetto XVI gli ha rivolto e che custodisce come un tesoro prezioso.
Il Papa mi aveva chiesto questo servizio tramite il suo Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone, il 31 gennaio 2011, festa di san Giovanni Bosco, lasciandomi piena libertà per la scelta dell’argomento. È stata un’esperienza indimenticabile di preghiera e di lavoro nella preparazione delle 17 meditazioni, e poi di preghiera insieme al Santo Padre durante la settimana di esercizi. L’ultimo giorno, che era la solennità di san Giuseppe, sono stato invitato a pranzo dal Papa, insieme al suo Segretario. Avevo già avuto parecchi contatti col Cardinale Ratzinger, a partire  dal 1978, ma questa esperienza degli Esercizi Spirituali ha avuto un carattere unico! Subito dopo aver accettato questa missione, sono andato a pregare nel santuario della Madonna del Divino Amore, e ho avuto tutta la luce sul tema di questi esercizi, come preparazione alla beatificazione di Giovanni Paolo II, già fissata per il 1° maggio 2011. Ho scelto come icona di questi esercizi il girotondo dei santi dipinto dal beato Fra’ Angelico: i santi e gli angeli del Cielo che si danno la mano e che ci danno la mano a tutti per rispondere alla nostra sicura vocazione alla santità. Così, il clima spirituale di queste giornate è stato molto semplice, nell’ambiente della Santa Famiglia, con Gesù sempre al centro, accompagnato dalla Madonna e san Giuseppe, insieme ad alcuni santi, particolarmente legati a Giovanni Paolo II, anzitutto san Luigi Maria di Montfort, ispiratore del suo Totus Tuus, e santa Teresa di Lisieux, dichiarata da lui “Dottore della Chiesa come esperta della scientia amoris” (Novo Millennio Ineunte, n. 42).
Alla fine dell’ultima meditazione su san Giuseppe, la mattina del 19 marzo, ho detto una forte e personale parola di ringraziamento al Santo Padre, e subito dopo, Egli ha risposto con un breve discorso spontaneo che ho ricevuto come una preziosissima parola del Signore, tanto rivelatrice dell’anima del Vicario di Cristo, della sua profonda umiltà vissuta con san Giuseppe suo patrono di battesimo, condividendo la sua immersione nella Parola di Dio,  “Umile lavoratore”, “Custode del Redentore”, che continua sempre la sua missione di “custodire la Santa Chiesa e il Nostro Signore”.  Così anche Benedetto XVI ha vissuto la sua missione durante il suo Pontificato!  La parola del Papa era anche tanto luminosa per il mio studio della teologia dei santi, della loro scienza che è inseparabilmente scienza della fede e scienza dell’amore. Era per me e per noi tutti una forte chiamata alla santità, alla fiducia, all’umiltà. Ecco il testo di questo discorso indirizzato ai Cardinali, ai Vescovi e a me:

Cari Fratelli,
caro Padre Léthel,
alla fine di questo cammino di riflessione, di meditazione, di preghiera in compagnia dei Santi amici di Papa Giovanni Paolo II, vorrei dire di tutto cuore: Grazie a Lei, Padre Léthel, per la Sua guida sicura, per la ricchezza spirituale che ci ha donato. I Santi: Lei ce li ha mostrati come “stelle” nel firmamento della Storia e, con il Suo entusiasmo e la Sua gioia, Lei ci ha inserito nel girotondo di questi Santi e ci ha mostrato che proprio i Santi “piccoli” sono i Santi “grandi”. Ci ha mostrato che la scientia fidei e la scientia amoris  vanno insieme e si completano, che la ragione grande e il grande amore vanno insieme, anzi che il grande amore vede più della ragione sola.
La Provvidenza ha voluto che questi Esercizi si concludano con la festa di San Giuseppe, mio Patrono personale e Patrono della Santa Chiesa: un umile santo, un umile lavoratore che è stato reso degno di essere Custode del Redentore.
San Matteo caratterizza san Giuseppe con una parola: “Era un giusto”, “dikaios”, da “dike”, e nella visione dell’Antico Testamento, come la troviamo per esempio nel Salmo 1,  “giusto” è l’uomo che è immerso nella Parola di Dio, che vive nella Parola di Dio, che vive la Legge non come “giogo”, ma come “gioia”, vive – potremmo dire – la Legge come “Vangelo”. San Giuseppe era giusto, era immerso nella Parola di Dio, scritta, trasmessa nella saggezza del suo popolo, e proprio in questo modo era preparato e chiamato a conoscere il Verbo Incarnato – il Verbo venuto tra noi come uomo -, e predestinato a custodire, a proteggere questo Verbo Incarnato; questa rimane la sua missione per sempre: custodire la Santa Chiesa e il Nostro Signore.
Ci affidiamo in questo momento alla sua custodia, preghiamo perché ci aiuti nel nostro umile servizio. Andiamo avanti con coraggio sotto questa protezione. Siamo grati per gli umili Santi, preghiamo il Signore affinché renda anche noi umili nel nostro servizio e così santi nella compagnia dei Santi.
Ancora una volta grazie a Lei, P. Léthel, per la Sua ispirazione. Grazie!

Questo bellissimo testo era la migliore sintesi di tutte le meditazioni, scritte prima degli Esercizi e pubblicate subito dopo (La Luce di Cristo nel Cuore della Chiesa. Giovanni Paolo II e la teologia dei santi, Libreria Editrice Vaticana, 2011).
Poi, ho accolto con immensa gioia le parole dello stesso Papa il 1° maggio 2011, nella sua omelia per la beatificazione di Giovanni Paolo II, a proposito del Totus Tuus cristocentrico e mariano di san Luigi Maria de Montfort, riconosciuto come “principio fondamentale” della vita di Karol Wojtyła. Per me era il frutto più bello e più evidente degli Esercizi. Le parole del Santo Padre erano una meravigliosa ripresa e sintesi delle tre meditazioni (3, 4 e 5) dedicate al rapporto tra Giovanni Paolo II e la dottrina di questo santo, alla luce del Vangelo e dell’insegnamento del Concilio. Bisogna citare questo brano dell’omelia di Benedetto XVI:

Cari fratelli e sorelle, oggi risplende ai nostri occhi, nella piena luce spirituale del Cristo risorto, la figura amata e venerata di Giovanni Paolo II. Oggi il suo nome si aggiunge alla schiera di Santi e Beati che egli ha proclamato durante i quasi 27 anni di pontificato, ricordando con forza la vocazione universale alla misura alta della vita cristiana, alla santità, come afferma la Costituzione conciliare Lumen Gentium sulla Chiesa [c. V]. Tutti i membri del Popolo di Dio – Vescovi, sacerdoti, diaconi, fedeli laici, religiosi, religiose – siamo in cammino verso la patria celeste, dove ci ha preceduto la Vergine Maria, associata in modo singolare e perfetto al mistero di Cristo e della Chiesa. Karol Wojtyła, prima come Vescovo Ausiliare e poi come Arcivescovo di Cracovia, ha partecipato al Concilio Vaticano II e sapeva bene che dedicare a Maria l’ultimo capitolo [c. VIII] del Documento sulla Chiesa significava porre la Madre del Redentore quale immagine e modello di santità per ogni cristiano e per la Chiesa intera. Questa visione teologica è quella che il beato Giovanni Paolo II ha scoperto da giovane e ha poi conservato e approfondito per tutta la vita. Una visione che si riassume nell’icona biblica di Cristo sulla croce con accanto Maria, sua madre. Un’icona che si trova nel Vangelo di Giovanni (19,25-27) ed è riassunta nello stemma episcopale e poi papale di Karol Wojtyła: una croce d’oro, una “emme” in basso a destra, e il motto “Totus tuus”, che corrisponde alla celebre espressione di san Luigi Maria Grignion de Montfort, nella quale Karol Wojtyła ha trovato un principio fondamentale per la sua vita: “Totus tuus ego sum et omnia mea tua sunt. Accipio Te in mea omnia. Praebe mihi cor tuum, Maria – Sono tutto tuo e tutto ciò che è mio è tuo. Ti prendo per ogni mio bene. Dammi il tuo cuore, o Maria” (Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, n. 266).

Benedetto XVI ha così riconosciuto la santità del suo grande Predecessore, ed è stato uno dei momenti più gloriosi del suo Pontificato. Più recentemente, il 20 dicembre 2012, Papa Benedetto ha compiuto il passo decisivo per la beatificazione di Paolo VI, con il riconoscimento delle sue virtù eroiche. È stato uno degli ultimi atti importanti del suo Pontificato, forse uno dei più importanti, ma nello stile di umiltà e di nascondimento tanto caratteristico di Paolo VI e di Benedetto XVI. Il Venerabile Paolo VI ha avuto la grande missione di guidare, di concludere e di far entrare nella vita della Chiesa il Concilio Vaticano II, aperto dal beato Giovanni XXIII.  Lo stesso Paolo VI aveva creato i tre cardinali che saranno i suoi successori sulla Sede di Pietro: Albino Luciani, Karol Wojtyła e Joseph Ratzinger.
Questi santi Papi sono già arrivati alla Patria del Cielo, mentre Benedetto XVI è ancora un pellegrino con noi, nella Chiesa della Terra, continuando il suo cammino di santità e rimanendo per noi tutti un esempio luminoso, con la sua testimonianza di fede e di umiltà, di speranza e di carità. Sappiamo che rimane vicino a noi e che ci accompagna con la sua preghiera.




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