Un calcio alla disperazione

di Ida Giangrande

La voce metallica passa attraverso un sintetizzatore vocale, raggiunge gli interlocutori come un suono freddo, argentino nel quale però si percepisce l’ostinata passione con cui Stefano lotta per continuare a vivere. È la storia di un ragazzo, un ragazzo giovane e atletico,  con un solo formidabile sogno nel cassetto, diventare un giocatore di calcio. Era un ragazzo come tanti altri, destinato però a diventare Stefano Borgonovo, esempio impagabile tanto per il mondo sportivo quanto per quello umano ed affettivo.

L’esordio in serie A avviene poco prima del suo diciottesimo compleanno. Era il 14 marzo del 1982 quando questo giovane calciatore con la maglia del Como, batte il campo di calcio mostrando il suo innato talento. Dopo il Como è la volta della Sanbenedettese e subito nel 1988 l’acquisto da parte del Milan, il quale lo gira alla Fiorentina. Dopo anni trascorsi a fare da protagonista in squadre di calcio di primo piano, inizia un lento ed impareggiabile debutto come allenatore della squadra del Como. La sua corsa inarrestabile si conclude nell’anno 2005, quando si ritira dal mondo del calcio per problemi di salute.  È il 5 settembre dell’anno 2008, giorno in cui Stefano Borgonovo annuncia di aver contratto la SLA (sclerosi laterale amiotrofica). Il mondo del calcio immediatamente si irrigidisce spaventato data la grande mole di calciatori colpiti e uccisi da questa terribile malattia. La paura di morire terrorizza tutti, ma quando ci sei così vicino c’è qualcosa che agisce oltre l’umana comprensione, è l’istinto di conservazione, di sopravvivenza o come lo si vuole chiamare. Stefano non si rassegna, appoggiato e animato dall’amore per sua moglie e di sua moglie, Chantal Borgonovo, lotta come un leone in gabbia per ritrovare la libertà. Ma la SLA è come un fiume in piena, impossibile da arginare nella sua corsa inarrestabile verso la distruzione totale. I giorni si susseguono senza sosta e ognuno di essi sembra portarsi via qualche pezzo delle suo corpo, per prima l’uso della parola.

E subito ci si chiede come possa comunicare una persona che non può più parlare? Come possa vivere qualcuno a cui è negata la possibilità di esprimersi? Ma a vedere Stefano Borgonovo ogni domanda si dissolve e resta una certezza: l’uomo è la creatura per eccellenza perché a lui e solo a lui, è dato di saper comunicare passioni e intenti in tanti modi. Basta uno sguardo, il semplice roteare gli occhi o un’espressione del viso irresoluta perché chi gli sta intorno e lo conosce da sempre, comprenda ciò che vuole dire. Subito dopo è la volta del braccio sinistro, poi di quello destro e dopo un paio d’anni delle gambe. “Ci sono voluti mesi e mesi per accettare di essere affetto da malattie come questa”, spiega sua moglie. Anni di incubi che si materializzano, anni oscuri in cui momenti di ottimismo si alternano in un susseguirsi continuo, ad attimi di crisi assoluti in cui la depressione e lo scoramento prendono il sopravvento. La notizia inizia a circolare nell’ambiente e subito fa scalpore, si comincia a credere che il calcio come sport porti alla SLA come conseguenza naturale data l’elevata percentuale di calciatori colpiti, ma Stefano si dibatte e senza pensarci su nemmeno un istante, scende nuovamente in campo per difendere il suo primo amore da quelle accuse infamanti. Nessuno può dare una spiegazione alla SLA, abbiamo tante informazioni e nessuna certezza, ma nel suo cuore Stefano sa bene che il calcio è innocente, che il destino di ognuno ha il suo corso e spesso non possiamo evitare di superare determinate soglie, anche quando sono tristi e dolorose come questa. Arrabbiato Stefano alza la voce, rilascia dichiarazioni, si lascia intervistare e credendo di difendere il suo sport, non si accorge di diventare lui stesso progressivamente un inno alla vita.  Modello per quanti disprezzano la vita, lasciandola scivolare via senza darle un senso.

Ma spente le luci dei riflettori è costretto a tornare a casa; negli occhi dei suoi quattro figli legge spesso il timore di perderlo, nell’instancabile veglia di sua moglie, vede l’alterità dell’amore, disposto a tutto, pronto a tutto. Chantal è una donna forte, il suo amore per Stefano iniziato quand’era appena una bambina, l’aiuta a riscoprirsi forte, sempre più forte ogni giorno di più. Nei loro sguardi si nasconde il marchio inconfondibile di un legame saldo, lei ora non è solo sua moglie, la compagna della sua vita, la madre dei suoi figli, di più, lei ora è la sua voce, la sua parola, le sue mani, le sue gambe, lei corre come un tempo faceva lui sul campo della vita, lo fa sostenendolo con la forza di una sfinge, senza mai lamentarsi, con un sorriso vivace e speranzoso sulle labbra. Lei è la sua forza, il suo pensiero, lei è il suo agire. E mentre il sole sorge annunciando l’arrivo di un altro giorno, Stefano ritrova la forza per rialzarsi pur restando bloccato in un letto. La sua è l’immagine dell’uomo forte, il combattente energico nel quale l’aggressività dell’attaccante che tenta di fare breccia nel muro dei difensori per segnare un gol, si fonde con la speranza appassionata di chi attacca la vita anche senza più forze pur di non sprecarne nemmeno un istante. Arguto e volitivo come sempre Stefano non si rassegna, e non solo diventa energia per se stesso, ma si erge a monito per quanti vivono la stessa, drammatica condizione. La sua malattia lo induce a pensare infatti a quanti restano inchiodati ad un letto, mentre il tempo, trasformatosi in un loro nemico, li divora lasciando solo pochi brandelli. Ecco quindi l’idea di fondare un’associazione, un’associazione per quanti condividono lo stesso destino, un’associazione che possa raccogliere fondi per la ricerca contro la SLA, un’associazione che dia ad altri la stessa sua forza.

E chissà che Stefano non diventi l’emblema della vittoria, il primo uomo guarito dalla SLA; ma no, un pensiero più profondo deve portare ognuno a fermarsi sbigottito di fronte ad esperienze come quella di Stefano Borgonovo. Guardarlo come un esempio di vita incarnato, assorbire il suo stesso inossidabile attaccamento alla vita, per poi arrivare alla fine a riconoscere senza mezze misure né compromessi di sorta che Stefano ha già vinto. Nel mare sterminato di quanti sono colpiti da malattie violente e progressive, Stefano Borgonovo è un faro nella notte, un lucciola piccola eppure talmente luminosa da riuscire a occultare il buio. La sua storia rattrista il cuore, tutti avremmo voluto vederlo ancora sui campi di calcio a disputare partite importanti per poi sentirlo esultare ad un gol segnato. Ma il destino è questo, e di fronte a lui, dobbiamo essere noi ad esultare e ad incoraggiarlo perché Stefano sta disputando ora la partita più importante, quella della vita.




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