Sentirsi rifiutati

di Carolina Rossi

Romina ha partorito Ilaria nei primi anni di matrimonio, dopo aver abortito naturalmente al quarto mese di gestazione un maschietto. Insieme con il marito hanno affrontato l’aborto con grande dolore. Dopo è arrivata una nuova gravidanza. Superato il quarto mese con grande tensione per il timore di perdere nuovamente il bambino, hanno scoperto che era in arrivo una femminuccia. Romina ha vissuto con grande delusione la notizia. Era convinta di essere in attesa di un maschietto, desiderava fortemente un maschietto che le somigliasse. Romina è una donna che ha una storia molto significativa dal punto di vista del rapporto con la femminilità. Infatti sua madre era una donna con un carattere molto forte e poco attento ai suoi bisogni da bambina. Quando ha partorito ha stentato molto a riconoscere emotivamente la bambina, non riusciva a stabilire con lei un  contatto fluido, non riusciva ad allattarla. Ha allattato la sua bimba solo per qualche mese, ma riferisce che mangiava molto poco perché non voleva il suo latte così è stata “costretta” al ricorso al latte artificiale. Romina non riusciva ad accogliere e accettare questa bambina, quasi la rifiutava perché troppo aperte ancora le sue ferite personali di rifiuto vissuto rispetto alla madre. Ilaria d’altro canto è vissuta sperimentando serie difficoltà relazionali con i genitori,  in particolare con la madre e anche con i coetanei nell’epoca in cui avrebbe dovuto intessere serene relazioni con il mondo esterno. Chi sperimenta il rifiuto del proprio punto di riferimento essenziale non sviluppa la giusta dimensione di sicurezza e autostima che le può consentire di muoversi nel mondo con serenità esplorativa. Per Ilaria è successo proprio questo. Anzi, un po’ perché la mamma glielo proponeva implicitamente, un po’ perché lei stessa lo faceva quasi per farsi apprezzare e riconoscere dalla madre, Ilaria tendeva a vestire più da maschietto, ad assumerne gli atteggiamenti e andava in giro con i capelli corti. Così quando disegna la famiglia immaginaria, quasi come nel disegno a fianco rappresentato, si disegna piccola e maschio, omettendo il fratello che è nato tre anni dopo di lei. Oggi lei ha sedici anni, ma si disegna da ragazzino carino quasi a regredire un po’ per colmare il bisogno di essere riconosciuta dalla madre. A fianco a lei si posiziona e disegna una madre che lo guarda, proprio quasi a voler comunicare che se si rappresenta maschio può meritare lo sguardo e le attenzioni materne.

L’accoglienza e la protezione genitoriale e soprattutto materna nei primi mesi e anni di vita di un bambino ne delineano e strutturano la personalità, la percezione di sé e quindi l’identità, l’autostima e la capacità di affrontare con autonomia e positività le difficoltà. Quando dei genitori sentono affiorare delle difficoltà relazionali, che risvegliano vecchi vissuti irrisolti, in tempi così preziosi e particolari potrebbero  fare richiesta di aiuto. Lavorare sulle proprie difficoltà consente di non generarne altre a nella generazione successiva.




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