Attenti al vessillo dei diritti umani

di Peppe Iannicelli

La Corte Costituzionale ribadisce che non vi può esser nessuna equiparazione tra matrimonio ed unioni gay sulla base dell’articolo 29 della Costituzione. Una sentenza perfettamente legittima ed, aggiungerei, coraggiosa in tempi inquieti come i nostri dove ogni critica civile ed argomentata a certa deriva relativistica finisce strumentalmente per esser considerata omofobica. La forza della legge e della norma prevalgono dunque su di un bombardamento mediatico che tenta: di far passare per normale quello che normale non è, di propagandare per famiglia quello che non è famiglia e mai potrà diventarlo, di esaltare le virtù genitoriali delle coppie omosessuali che genitrici non potranno mai esser per ordine naturale. La Costituzione è perentoria riconoscendo i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio in stretta correlazione con il diritto del minore ad avere una mamma ed un papà naturali. Mi sembra tutto chiaro. Non mi sembra che vi sia spazio per giochi di prestigio interpretativi. Non mi sembra che si configurino discriminazioni e violazioni dei diritti civili. Una cosa è la famiglia meritevole di tutela giuridica e costituzionale, altra cosa sono le unioni omosessuali che non possono assurgere alla configurazione – con i relativi diritti e doveri – d’istituto familiare. Una cosa sono i diritti familiari, altra cosa sono i diritti civili, sociali, patrimoniali. Premesso il profondo rispetto per ogni persona e senza entrare nel merito di una valutazione scientifica, etica e sociale dell’omosessualità ritengo fondamentale che lo Stato impedisca ogni discriminazione relativa ai comportamenti sessuali di una persona. Da questo punto di vista mi sembra che la legislazione italiana sia ampiamente garantista a meno che qualcuno non possa dimostrare che agli omosessuali siano negati l’accesso ai pubblici concorsi, all’assistenza sanitaria, alla partecipazione alla vita politica e culturale del paese. Da tempo la Casagit, la cassa d’assistenza sanitaria dei giornalisti, riconosce al convivente more uxorio – senza distinzione di sesso – il diritto all’estensione dell’assistenza. Finanziando con i miei contributi la Casagit non ho nulla da eccepire. Il Codice Civile prevede la messa in comune dei beni, nei bandi per l’assegnazione di case popolari le coppie omosessuali concorrono. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Non accetto invece le mistificazioni di chi spaccia per difesa dei diritti civili, la perorazione di stili di vita e comportamento sessuale che perlomeno lasciano perplessi. Perché creare confusione? Perché forzare l’ordine naturale delle relazioni umane con gravissime conseguenze specialmente per i minori. Ciascuna persona di buon senso avverte il pericolo. Se le unioni omosessuali vengono equiparate giuridicamente alle famiglie, è conseguente il diritto ad adottare, e perché no, alla procreazione assistita. Sulla base di quale diritto naturale e civile priveremo un bambino di una mamma o di un papà naturale? In che modo questi bambini cresciuti da coppie – non genitori – omosessuali maturerebbero una sessualità feconda, frutto dell’amore responsabile tra un uomo ed una donna? Chi garantirebbe i loro diritti vivendo in un contesto familiare dove il comportamento omosessuale è praticato come normale relazione sessuale? Prima di agitare la bandiera dei diritti civili o esaltare certe legislazioni falsamente progressiste come quella aberrante in Spagna è utile rileggere con attenzione la Carta Costituzionale italiana. Spero che i giudici continuino a farlo con grande saggezza e serenità.




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