Cercasi genitori diversamente abili
di Letizia Camarlinghi
Non è facile nel momento storico-sociale in cui viviamo, nel quale al centro di tutto c’è il benessere, l’arrivismo, il successo ad ogni costo, riuscire a suscitare un qual minimo interesse parlando dei più piccoli, dei più deboli, di chi davvero nessuno vuole. La nascita in una coppia di un bambino con un “piccolo difetto”, e qui parliamo di situazioni di gravi compromissioni, motorie, sensoriali, cognitive, è motivo di grave diffi coltà non solo nell’accettazione, ma anche nella collocazione della diversità nella propria vita e nella società di oggi.
I primi pensieri, oltre al grandissimo dolore che suscita l’handicap e la diversità in un bambino e ancor più in un ragazzo, sono il rifiuto e l’eliminazione. Sono parole dure che forse possono scandalizzare, ma sono reali, lo dimostra il fatto che adesso nascere con un handicap grave è molto difficile, perché viene praticato l’aborto “terapeutico”. Per quelli che ce l’hanno fatta, non resta che sperare che almeno uno dei due genitori sappia riconoscere in loro la bellezza, la grandezza e la ricchezza che è l’essere speciale e diverso da quel cliché che il mondo ci propone, con tutto quello che comporta. Per quelli che invece nascono non accolti la soluzione purtroppo è l’istituzionalizzazione. È proprio difficile infatti che si progetti un percorso di adozione o di affidamento eterofamiliare, anzi, spesso, non ci si pone neanche il problema e si dà per scontato che nessuno, volontariamente, scelga di vivere questa meravigliosa avventura. Vorrei adesso allontanare ogni pessimismo e mettere in evidenza ciò che nessuna cronaca divulga, ciò che non fa scalpore, ciò che non fa notizia: esistono tante coppie, ma anche singoli, che scelgono come fi gli, bambini un po’ speciali. Questo conferma che esistono ancora categorie di genitori che credono che generare un figlio, e generarlo anche con il cuore, sia un atto di giustizia e di amore nei confronti del figlio stesso. È un diritto per ogni bambino avere dei genitori e non viceversa. Parlo anche di tutte quelle famiglie, e sono tante, che dopo la nascita di un figlio diversamente abile, si dedicano con tutte le forze e con tutto il cuore alla sua crescita responsabile, garantendogli, non solo l’amore, ma anche l’integrazione scolastica, ed in seguito un lavoro dignitoso ed una armoniosa vita sociale. Le storie sono tante, e tutte da raccontare, perché speciali, perché rivoluzionarie, perché vanno a smuovere quelle sicurezze con le quali si convive e che non devono essere messe in discussione. Tutta la letteratura scientifica, ma anche l’esperienza, ci confermano quanto siano fondamentali le coccole e tutto il maternage per lo sviluppo psicofisico e sensoriale del bambino prima e dell’adulto. Per un piccolo nato con qualche deficit è ancor più necessario. Mi sono domandata, se la legge 149, nel paragrafo dove sancisce la chiusura degli istituti per i minori, non avesse dovuto specificare che questa legge è valida anche per tutti i piccoli e grandi diversamente abili. Di conseguenza da questa legge sarebbe dovuta derivare una crescita esponenziale dell’affido familiare, ma, quello che è ormai sotto gli occhi di tutti, è che gli istituti si sono solo trasformati in strutture più piccole e la vita che i piccoli vivono all’interno di queste cosiddette case famiglia è la solita: i tempi e i modi sono quelli degli istituti, nulla è cambiato. Ci tengo però a raccontare e testimoniare che dietro al mondo dell’affido ci sono tante famiglie che credono alla gratuità dell’amore, alla validità dell’educazione familiare e che tante volte non si tirano indietro se il bimbo o il ragazzo, a cui dare una famiglia e una mano per crescere, non è proprio come pensavano o come questa società vorrebbe che fosse. Ci sono storie che suscitano meraviglia e ammirazione e la sensazione che si prova è un profondo senso di giustizia per cui tutti, ma proprio tutti, hanno diritto ad avere una famiglia. Ho ancora nel cuore Fiorella (nome di fantasia), piccolo fi ore che dalla nascita non aveva mai conosciuto le braccia amorose ed accoglienti di una mamma o di un papà, ma solo quelle competenti e frettolose di infermieri, che non avendo il tempo per allattare tutti i piccoli ricoverati appoggiavano in modo adeguato il biberon ad un cuscino. Questo faceva sì che, uno dei momenti più importanti e significativi per crescere sereni e sicuri nella relazione venisse espletato in modo più efficiente e veloce. Per alcuni, in situazione più grave, bastava cambiare la flebo o il sacchetto della PEG. Fiorella era nata insieme ad una sorellina con una tecnica di procreazione assistita, quindi da due genitori che con tutto il cuore la volevano, ma, mentre per la sorellina le cose sono andate come loro desideravano, per Fiorella qualcosa non è andato per il verso giusto, ed è nata microcefala e con una gravissima lesione celebrale. In compenso Nostro Signore le ha donato due occhi azzurri come il cielo e una bocca sempre sorridente. Per molto tempo nessuno si è preoccupato del fatto che i genitori se ne fossero tornati a casa solo con la sorellina sana, e che forse anche Fiorella avesse bisogno di una casa e di coccole. Era pronto per lei un posto mal Cottolengo dove nessun bambino vorrebbe mai andare. Invece una bravissima assistente sociale ha pensato di contattare un gruppo di famiglie della Comunità Papa Giovanni XXIII che da tempo conosceva, e trascorso il tempo necessario al tribunale per le pratiche burocratiche, sotto gli occhi stupiti degli operatori sanitari, Fiorella venne accolta dalle braccia affettuose di una mamma. Da cinque anni vive come una vera principessa e non solo questa coppia permette a Fiorella di vivere e assaporare giorno per giorno l’amore di una famiglia, ma con il suo continuo sorriso la piccola ha convinto i suoi genitori ad accogliere un fratellino molto simile a lei. Questo non vuol dire che la vita per queste famiglie sia tutta rose e fiori ma basta parlare con loro per rendersi conto che i problemi da affrontare non sono più gravi di quelli dei figli “normali”, sono solo diversi. Per esperienza personale, ho due figlie specialissime, in affidamento dall’ età di due anni che adesso ne hanno 19 e 21, posso dirvi che i problemi educativi dei miei figli adolescenti mi preoccupano e mi impegnano molto di più dei loro. Il nostro caro Don Oreste ci ha sempre insegnato che, per educare bene ed in modo giusto i nostri figli, dovevamo affiancare loro dei fratelli disabili anche gravi. È una scommessa che tutti noi della Comunità Papa Giovanni XXIII ci siamo sentiti di giocare .
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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