Un sinodo di speranza per un continente ferito

di Luca Memoli

Dal 4 al 25 ottobre si è svolta a Roma la seconda Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l’Africa. La prima ha avuto luogo nel 1994 sul tema: “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”. Frutto di quel Sinodo è l’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa del Papa Giovanni Paolo II. Abbiamo incontrato padre Philippe Kinkpon, vice-Presidente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su matrimonio e famiglia, sezione dell’africa francofona, Cotonou in Benin.

Padre Philippe, perché un secondo Sinodo per l’Africa ad appena quindici anni dal primo? Non vi è qui un afro-pessimismo? Siamo nella condizione di aiutare chi si trova in pericolo?
Una tale visione farebbe torto all’Africa e alla Chiesa intera. Non dimentichiamo che l’Africa è sempre più guardata come il continente del futuro per la Chiesa perla fecondità della sua fede. Ma la maggior parte delle sue Chiese, soprattutto quelle sub-sahariane, a causa delle loro giovane età (hanno meno di 150 anni di cristianesimo), e anche dei loro specifici problemi, devono purtroppo affrontare le stesse sfide contemporanee di quelle di antica cristianità, che hanno alle spalle duemila
anni di storia, e conoscere gli oneri della post-modernità e della globalizzazione. I problemi specifici sono quelli del sotto-sviluppo, resi ancora più gravi dai conflitti e dalle guerre inter-etniche che purtroppo non hanno sempre la loro origine in Africa.
 

C’è continuità con la prima assemblea sinodale?
In realtà la seconda assemblea sinodale fa eco alla prima. L’augurio dei Padri sinodali era dunque di approfondire i problemi già sollevati quindici anni fa in ambito religioso, politico, economico e sociale. Se il continente ha conosciuto un’evoluzione positiva su tutti questi piani, molto cammino resta ancora da fare per raggiungere la giustizia, la riconciliazione e la pace. Questi mali deplorevoli hanno purtroppo la loro radice nel cuore umano ed è qui che bisogna arrivare. L’Instrumentum laboris fa un buon discernimento della radice delle sofferenze dei popoli africani. Si tratta dell’ l’egoismo che alimenta l’avidità (letteralmente: appetito del guadagno), la corruzione e l’avarizia che spingono in altra direzione i beni e le ricchezze destinati ai popoli. C’è anche la sete del potere che provoca il disprezzo delle regole più elementari del buon governo, giocando sull’ignoranza delle popolazioni, manipolando le differenze politiche, etniche, tribali e religiose; e comunicando la cultura del guerriero come un eroe e quella del debito per i sacrifici passati e i torti commessi. La complicità delle forze internazionali con quelle locali contribuisce ad alimentare i focolai di guerra al fine di ottenere il massimo profitto delle immense ricchezze dell’Africa.
 

Tutti questi problemi erano già stati sollevati nella precedente assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi e ripresi nell’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa. Quali sono gli elementi innovativi di questo Sinodo?
Questa assemblea ha posto l’accento sulla riconciliazione, la giustizia e la pace come condizioni di una testimonianza credibile in Africa. Sua Santità, Papa Benedetto XVI, d’accordo con i vescovi dell’Africa, ha ritenuto che dopo quindici anni, era necessario approfondire questi temi. All’inizio del XXI secolo una tale riflessione diviene doverosa per il buon esito della missione della Chiesa che è una missione di comunione e di servizio della società. I problemi citati rendono assai più fragile la società africana e le sue giovani Chiese che fanno fatica a dare la loro impronta in un contesto mondiale sempre più difficile. Dopo giorni d’intenso lavoro i Padri hanno consegnato al Papa Benedetto XVI un insieme di proposizioni in vista dell’Esortazione apostolica post-sinodale. In queste proposizioni hanno molto insistito sulla necessità della comunione.

Questo documento, pur abbracciando un gran numero di problemi, si articola attorno ai temi della riconciliazione, della giustizia e della pace.
Sì, innanzitutto, il Sinodo vede nella comunione ecclesiale il segno di questa riconciliazione. Anzi,
raccomanda che i vescovi, i preti, i diaconi, i religiosi e i laici consolidino la cooperazione a livello diocesano, nazionale, continentale e intercontinentale. Incoraggia anche una maggiore e costante cooperazione tra il Simposio delle conferenze episcopali d’Africa e del Madagscar (SCEAM) e la Confederazione dei Superiori Maggiori d’Africa e del Madagascar (COSMAM). In questo modo la Chiesa diventerà effettivamente segno e animatrice di riconciliazione, di giustizia e di pace. Questa comunione ecclesiale deve estendersi a livello regionale e continentale.

La riconciliazione passa per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso. Cosa emerge su questo aspetto?
Per quanto riguarda il dialogo ecumenico, il Sinodo apprezza gli sforzi che già si fanno, in particolare quelli del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e le iniziative dei cristiani nei diversi Paesi d’Africa, che si sono riuniti in associazione per intraprendere insieme opere di carità
e di salvaguardare gli interessi dei cristiani in uno Stato moderno plurale. Il Sinodo loda questi sforzi e li raccomanda agli altri Paesi in cui tali associazioni possono servire la causa della pace e della riconciliazione. Inoltre, il Sinodo invita la Chiesa in ogni diocesi o regione di assicurare che la settimana dedicata alla preghiera per l’unità dei cristiani sia segnata dalla preghiera delle attività in comune che promuovono l’unità dei cristiani “perché tutti siano uno” (Gv 17,21).

Quali iniziative si suggeriscono alle diocesi e alle parrocchie per promuovere la giustizia e il rispetto dei diritti umani?
Le diocesi e le parrocchie devono creare delle Commissioni per la Giustizia e la Pace, in collaborazione con i capi delle comunità locali, che potranno servire come mediatori. Appelli sono stati inviati anche ai Governi perché stabiliscano un sistema capace di arrestare gli omicidi, i rapimenti, ecc. nel continente. Poiché l’insicurezza della vita e dei beni e l’assenza di un buon ordine sociale accrescono i fenomeni migratori e la fuga dei cervelli; e tutto questo, di conseguenza, aumenta la povertà.

Sembra però ci sia poco attenzione alla famiglia…
I padri accennano anche alla famiglia come “santuario della vita” e cellula fondamentale della società e della Chiesa. È questo il luogo più adatto per imparare la cultura del perdono, della pace e della riconciliazione e dell’armonia. Ella deve essere l’oggetto di un’attenta pastorale dei vescovi.

Questo Sinodo servirà a sradicare le divisioni, le guerre inter-etniche e inter-tribali e così pure la povertà in Africa?
È vero che l’Africa appare oggi come il continente dei conflitti e delle guerre. Ma la speranza è doverosa. Anche perché le divisioni che rendono l’Africa più fragile non risalgono alla notte dei tempi. Esse hanno una storia e Dio, che è il Signore della storia, saprà sciogliere i nodi. E poiché i Padri fondano tutte le loro proposizioni in Dio, questo Sinodo può veramente essere guardato come
quello della speranza per l’Africa.




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