Res publica

di Silvio Longobardi

Sempre più spesso la cronaca porta alla ribalta notizie in cui gli omosessuali vengono presentati come vittime di un sistema sociale e culturale che ancora non li accoglie pacificamente. Ma è davvero così? Facciamo il punto della situazione e poniamoci una domanda: ma chi discrimina chi?

Bastano quattro imbecilli, che fanno della violenza il loro mestiere, per far gridare all’untore, per aprire dibattiti sull’omofobia, per invocare leggi in difesa dell’omosessualità. Come se in Italia ci fossero persone di buon senso che approvano gli episodi di violenza contro gli omosessuali, come se quei fatti fossero solo l’inizio di nuova “notte dei cristalli”. La violenza ha una sola madre – la stupidità – ma spesso ha molti padri. E certi fautori della tolleranza dovrebbero guardare più spesso nel loro passato, se vogliono trovare le radici di quella violenza predicata e praticata, in nome di un rinnovamento.

L’intolleranza ha tante altre manifestazioni, spesso ha per oggetto persone disabili, altre volte, e più spesso ancora, sono le donne ad essere vittime di violenza sessuale. La cronaca non è purtroppo piena anche di violenze perpetrate contro i minori? In tutti questi casi la protesta rimane debole voce che a malapena trova spazio in qualche angolo del giornale. Non è così, quando ad essere ferita è la comunità omosessuale. In questo caso, ogni pur minimo gesto di riprovazione viene letto come un attacco alla legittima libertà sessuale, come espressione di quel mostro che si chiama omofobia. La lobby omosessuale si mostra compatta e riesce, grazie ad un’attenta regia, a trasformare i singoli fatti in un evento mediatico, l’evento in caso giudiziario e il caso in problema sociale. Tutto questo avviene anche grazie ai media sempre più compiacenti che danno ampia pubblicità alla notizia, proponendo l’immagine degli omosessuali come vittime del sistema.

Uno sguardo più attento alla realtà offre un’immagine molto diversa. L’omosessualità appartiene ormai alla res publica, è diventata un diritto costituzionalmente garantito, uno stile di vita non solo da rispettare ma anche da promuovere. Ricordate il caso dell’omosessuale senegalese? Correva l’anno 2007. Non aveva regolare permesso di soggiorno, per evitare il rimpatrio dichiarò di essere omosessuale e che questa condizione nel suo Paese era punita con la reclusione. La Suprema Corte accolse l’appello, riconoscendo che “l’omosessualità è espressione del diritto alla realizzazione della propria personalità”. Davvero c’è in Italia un clima di intolleranza sociale nei confronti della comunità omosessuale? Vediamo i fatti. C’è qualcuno che oggi ha il coraggio di dire pubblicamente che l’omosessualità è un comportamento moralmente discutibile? Se lo fa, deve attendersi un linciaggio morale e, se non sta attento alle parole, anche una denuncia. Al contrario, chi strizza l’occhio all’omosessualità e cerca di accreditarla come una normale espressione della vita sessuale, viene applaudito. Chi discrimina e chi è discriminato?

Qualche mese fa, la cronaca rosa ha riportato il caso di Carrie Prejean, giunta seconda nell’edizione 2009 di Miss Stati Uniti. Il motivo che le ha fatto perdere lo scettro, secondo i sostenitori e gli oppositori della giovane, varicercato nell’affermazione che il matrimonio ideale per lei restava quello tra un uomo e una donna. Una bestemmia, da quelle parti. Chi discrimina chi? C’è qualcuno che vuole portare in Italia lo stesso modello culturale che in nome della tolleranza, favorisce il trionfo di nuove e più pericolose forme di intolleranza.

Quante inutili polemiche sono state fatte sulla canzone di Povia all’ultimo Sanremo! Quante altre canzoni ammiccano all’omosessualità? C’è forse qualche film che mette in cattiva luce l’omosessualità, giocando sul possibile legame tra omosessualità e pedofilia oppure sulla violenza, verbale e fisica, che avviene all’interno della coppia gay? Non accade forse il contrario, e cioè che possiamo stilare un lungo elenco di pellicole che esaltano l’omosessualità, presentandola come il luogo degli affetti e della fedeltà, proponendo nello stesso tempo l’immagine di coppie etero segnate dal silenzio e dalla menzogna? Qualcuno grida allo scandalo?

Non tutti sanno che nel secondo Governo Prodi la sinistra ha cercato di far passare una legge che prevedeva la“reclusione fino a tre anni chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione”, compresa quella fondata sull’orientamento omosessuale. La vigilanza dei cattolici, presenti nei diversi schieramenti, ha impedito che questo decreto diventasse legge. Se ciò fosse accaduto, la libertà di espressione sarebbe stata pesantemente penalizzata. Anche il solo fatto di affermare che l’omosessualità è un comportamento sbagliato, potrebbe essere imputato come atto discriminatorio. Balle, dirà qualcuno. Forse. Ma questo è un film già visto. In Svezia esiste una legge che ha permesso di condannare ad un mese di carcere un pastore protestante, colpevole di aver ricordato il duro e negativo giudizio che la Scrittura riserva all’omosessualità. In Gran Bretagna nel 2007 è stata approvata una legge che impone a tutte le agenzie che si occupano di adozioni internazionali di accettare anche le domande presentate dalle coppie gay. In Spagna, un giudice che non ha voluto controfirmare l’atto di adozione di una coppia omosessuale, è stato rimosso dall’incarico. L’elenco potrebbe continuare.

Un antico e sempre valido principio che in nome della carità impone di denunciare il peccato e di accogliere ilpeccatore. La questione omosessuale va affrontata con sapienza: con la discrezione dovuta alla dignità di ognipersona; e con la necessaria chiarezza per evitare che la verità venga nascosta o soffocata. Caritas in veritate. Anche in questo ambito.




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