Lelia e Ulisse, portare l’eternità in famiglia

di Giovanna Pauciulo

Lelia e Ulisse Amendolagine sono una coppia di sposi di inizio ‘900 per cui la parola d’ordine è normalità. Ma quando si incontra una coppia di sposi che ha vissuto il mistero nuziale nella sua integrità, come in questo caso, siamo obbligati a coniugare la normalità con la straordinarietà.

Per questi coniugi la trama della quotidianità diviene un disegno divino e umano nello stesso tempo: i gesti di ogni giorno sono occasioni di incontro con il volto del Dio incarnato. La vita di questi sposi rivela un tratto pedagogico esemplare per ogni coppia cristiana: essi hanno educato  i figli ad aprire il loro cuore all’amore di Dio, e a crescere in quest’amore, attraverso i piccoli e significativi gesti della vita quotidiana. É nella famiglia che si apprende e si sperimentano le primizie della fede attraverso cui ogni figlio, dono di Dio da custodire ed educare, svilupperà la sua risposta vocazionale. L’esperienza di questa famiglia ha molto da dire ai padri e alle madri di oggi protagonisti dell’ “emergenza educativa”.

La  famiglia Amendolagine

Un matrimonio combinato, Lelia  e Ulisse si incontrano infatti per volontà dei genitori di lei ma poi scelgono di frequentarsi: intuiscono che sono fatti l’uno per l’altra e accettano di sperimentarsi nella realtà del matrimonio. Si sposano il 29 settembre 1930. Il loro matrimonio nasce sotto lo sguardo di una grande stella del Carmelo: S. Teresa di Gesù Bambino, che tante grazie concederà a questa nascente famiglia.

Cinque figli, in sette anni, Leonardo, Giuseppe, Roberto, Francesco e Teresa, tre dei quali consacrati al Signore. Ogni figlio introduce in famiglia una presenza del Cielo e una via sicura verso la terra desiderata, e ciò  per mezzo dei loro nomi, scelti tutti oculatamente per il significato della vita dei santi a cui si riferivano. Per ogni figlio Lelia redige un taccuino che reca in copertina il nome del figlio e all’interno ella annota i tratti peculiari e gli eventi di  una certa rilevanza, è il suo modo per accompagnare la crescita dei figli e anche cogliere i tratti della storia di salvezza che passava per il vissuto quotidiano dei fanciulli.

Come in tutte le famiglie nascono i problemi circa l’educazione dei figli, i cinque bambini maturano la loro personalità in un momento storico che li avrebbe potuti segnare negativamente per il dilagante clima di terrore, siamo nel periodo della seconda guerra mondiale, ma al fiducia nella Divina Provvidenza e il costante ricorso alla preghiera di Lelia e Ulisse trasformano le situazioni negative della vita in occasioni d’intense invocazioni.

La forza dell’esempio che i genitori danno, opera nei figli ciò che nessuna raccomandazione avrebbe potuto creare. L’intera famiglia spesso fa visita al Santissimo Sacramento. Nella mente dei figli ancora oggi è viva l’immagine di mamma Lelia che entra in Chiesa e sta non poco tempo in ginocchio davanti e Gesù e invita loro a fare altrettanto con uno stile ed una pedagogia che nasce dalla sua autentica fede. Ed è così che questa piccola chiesa domestica cresce e si arricchisce alla presenza di Gesù. L’amore per il Signore è alimentato dalla preghiera, soprattutto coniugale.

Racconta Padre Raffaele, carmelitano,  ovvero il secondogenito Giuseppe, “senza difficoltà avevo imparato a contare il tempo con le Ave Maria. Quando ero ammalato, per tenere il termometro più che guardare l’orologio calcolavo i minuti con le Ave Maria. Anche in cucina, nel fare cuocere i biscotti con il ferro dovevo dire un’Ave Maria tenendo il ferro sul fuoco da una parte e un’Ave Maria tenendola dall’altra”.  L’amore dei due sposi alimentato dalla preghiera viene elargito agli altri per mezzo di azioni caritatevoli.

La pedagogia educativa

La presenza di Dio nella vita di questi coniugi era resa visibile costantemente agli occhi dei figli con l’attenzione di una madre e di un padre che riconoscono che “tutto è grazia” e tutto è reso al Signore, certezza alimentata dal ritrovarsi ogni sera in ginocchio davanti al Signore, Padre Raffele così scrive dei genitori: “Tutto concorreva a farci pensare alla vita eterna. La preghiera e la presenza di Dio erano i mezzi efficaci per ottenerla. Mamma e papà la desideravano per loro stessi, per noi, per tutta la parentela”. Ogni membro della famiglia, con le proprie scelte sapeva di spronare l’altro all’affidamento continuo al Signore. La famiglia una comunità di amore dentro cui tutti i suoi membri trovano l’edificazione personale per mezzo del rapporto comunitario. Ognuno con i propri talenti e le proprie capacità completava le mancanze e i limiti degli altri. Ulisse scrive a Giuseppe “Leonardo si sente la mente ottenebrata, si sente in difficoltà ad imparare, scoraggiato: io lo conforto, tu prega”.

Il centuplo

Tre dei cinque figli sono consacrati al Signore, Ulisse vive queste vocazioni come segno della bontà del Signore. Non si oppone, cerca di capire, di fare discernimento e quando è confortato dall’autenticità delle scelte dei figli, accompagna e si immola insieme con loro. Francesco e Roberto iniziano gli studi nel Seminario dei Fratelli delle scuole Cristiane, ma Francesco è costretto ad abbandonare la comunità religiosa per gravi problemi di salute; Giuseppe abbraccia al vita dei Carmelitani Scalzi. Gesù Eucaristia è il riferimento costante per interpretare e vivere le circostanze della vita. Il distacco dai tre figli è forte per questi genitori ma essi ricevono conforto e consolazione dal Signore, costantemente invocato e incontrato nell’Eucaristia. In una delle sue prime lettere indirizzate a Giuseppe, in monastero, Lelia scrive “Io prego assai per te e non passa un attimo senza pensare a te, a te in modo speciale e a Robertino e Francesco. Che vuoto in casa e che silenzio!.. Papà quando ritorna dall’ufficio mi dice sempre “come si fa?” Eh, caro Peppone mio, si fa quel che Dio vuole e con quale dolore Lui solo lo sa”.

Dio cercato con ogni mezzo

Colpita dalla malattia Lelia non riesce ad essere presente alla vestizione di Roberto, anche la malattia e questa rinuncia è offerta a Dio e trasfigurata dalla grazia, gli scrive “mai come in questi giorni sono stata con te con il pensiero e al preghiera. Ho offerto al Signore la mia assenza  e spero in ricambio Dio e alla Mamma Celeste dia a te tutte le grazie necessarie alla tua nuova vita”. Accompagna l’ultimo tratto della vita di Lelia il figlio Giuseppe che accorgendosi della crisi attraversata dalla madre la invita a compiere un gesto di offerta di tutte le sue sofferenze; lei lo rincuora: “le ho già offerte questa mattina, appena svegliata”. Dopo la morte di Lelia, Ulisse sperimenta una forte solitudine, i momenti di sconforto non mancano, per ridestare lo spirito scoraggiato usa l’Imitazione di Cristo che apre a caso e che come lui scrive “là dove si posa lo sguardo trovo la risposta adatta ai miei pensieri, la risposta che mi soddisfa e alle volte mi dà tanta luce”. In uno degli ultimi scritti scrive “I pensieri e le preoccupazioni personali e di famiglia o di ufficio mi assalgono …cerco di scacciarli dicendo a me stesso che sono materialità, mentre Nostro Signore è venuto in questo mondo per insegnarci le cose dello spirito, che sono quelle che poi avranno una importanza perenne, eterna.”




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