Genitori in prima linea

di Giovanna Pauciulo

La forza persuasiva della testimonianza.

I santi sono i testimoni privilegiati della fede, essi infatti hanno mostrato con la loro vita che il Vangelo non è un’utopia, essi sono la prova storica che il cristianesimo è vero.

La loro testimonianza è sempre stata contagiosa, accanto a loro si formavano gruppi di discepoli che hanno dapprima respirato e vissuto quell’esperienza e l’hanno poi trasmessa anche agli altri. E così, di generazione in generazione la fede è giunta fino a noi. Il cristianesimo non è una verità asettica trasmessa per mezzo di libri – come la filosofia di Kant o di Hegel – ma un’esperienza che trova nella testimonianza la sua forza contagiosa. La testimonianza ha sempre avuto un valore decisivo.

Don Giuseppe, fratello di S. Gianna Beretta Molla ha testimoniato: “Noi la fede, prima che sui libri o nella catechesi, l’abbiamo respirata in casa osservando gli atteggiamenti ed ascoltando le parole dei nostri genitori. Sono stati loro a farci conoscere il Signore, a farcelo sentire vicino con la sua infinita bontà … Ecco, Gianna è cresciuta come tutti noi a questa scuola di vita, che ci hanno offerto, con i loro esempi e con i loro comportamenti, i nostri genitori”. Giovanni XXIII scrive: “Il primo tesoro della mia anima, è la fede franca e ingenua dei miei genitori”. E potremmo continuare.

I bambini non comprendono il concetto di verità, ma apprendono subito il linguaggio dell’amore. L’amore per i genitori e la fiducia che ripongono in loro conduce gradualmente i figli a scoprire e ad accogliere la verità. L’acquisizione dei valori è un processo graduale ma trova nell’affetto la sua via privilegiata. Dire che una cosa è vera lascia i bambini completamente indifferenti. Essi hanno bisogno di vedere che una cosa è bella, devono sperimentare che una cosa è buona. E come possono farlo se non attraverso la testimonianza dei genitori? L’esperienza è dunque il primo passo nel cammino verso la verità. La relazione affettiva conduce i figli a riconoscere la verità di una cosa. Questa conoscenza, inizialmente acritica, deve poi essere confermata nell’età successiva e assunta come propria. Tutto può essere rimesso in discussione ma l’esperienza familiare gioca sempre un ruolo decisivo.

Requisiti della famiglia che forma

Prima scuola di vita e di fede,  Chiesa domestica:  la famiglia è chiamata ad educare le nuove generazioni ai valori umani e cristiani. Al VI Incontro  Mondiale delle Famiglie dal titolo “La famiglia, formatrice ai valori umani e cristiani” svoltosi a Città del Messico lo scorso gennaio, la Prof.ssa Dina Nerozzi Frajese, docente di psiconeuroendocrinologia all’Università di Tor Vergata, ha dato il suo contributo intorno al tema “Requisiti della famiglia che forma”. La Nerozzi nel suo intervento ha sottolineato che se la famiglia rinuncia al suo compito prioritario, se demanda ad altri il compito educativo, non ci saranno asili nido, scuole di ogni ordine e grado capaci di compensare la perdita che ne deriva alla società. “Non di solo pane vive l’uomo”, la consultrice del Pontificio Consiglio per la Famiglia, si è riferita al Vangelo di Matteo al capitolo 4 per sottolineare quanto il contributo della famiglia non è qualcosa di materiale, ma è un cibo spirituale indispensabile, “chiunque può dare un biberon ad un bambino, ma la mamma che guarda il suo piccolo con amore invia quei segnali di tenerezza che egli riceve e immagazzina nella sua memoria come sensazione positiva di essere amato, voluto , apprezzato e rappresenta un diverso tipo di cibo di cui il bambino si nutre e di cui ha estrema necessità”.  Una coppia, in genere, si impegna a scrivere un prontuario coniugale, un vocabolario redatto a quattro mani, frutto dell’impegno che la coppia si dà al fine di definire un proprio linguaggio  coniugale composto da tutte le parole chiave che favoriscono la buona riuscita della vita di coppia, e che derivano, per chi desidera compiere un cammino di santità coniugale, direttamente dal significato della relazione nuziale. Allora parimenti ci sarà un impegno per la famiglia  –  “Nella famiglia che non ha rinunciato al suo compito educativo e che fornisce il buon esempio, il bambino impara l’alfabeto del codice morale, impara la necessità di contenere gli impulsi egoistici propri della natura umana, per amore, per andare incontro ai desideri di mamma e papà e magari anche alle esigenze degli altri membri della famiglia” – asserisce la Nerozzi e continua “il modello cristiano di famiglia che forma le giovani generazioni vede dunque l’amore come elemento basilare, e non il ricatto affettivo, ed è l’amore dei genitori che genera la fiducia nei figli”. Nelle parole della consultrice troviamo un forte incoraggiamento alle famiglie che possiedono il patrimonio per un rinnovamento umano della società “il fatto che  esseri umani imperfetti non siano in grado di raggiungere il traguardo di famiglia ideale non significa che il modello sia sbagliato, come viene sostenuto dai fautori del nuovo mondo, non vuol dire che  non valga la pena di lottare per cercare di avvicinarsi il più possibile alla meta”.




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