Io, Pastore di un popolo provato

di Giovanna Abbagnara

“E il momento di una grande fede”, con queste parole ci accoglie il vescovo, S. E. Mons. Molinari,  lo incontriamo al piano terra di una villetta adibita a curia vescovile in questi giorni tragici di assestamento. Ci colpisce subito il grande afflusso di sacerdoti, religiose e laici che fanno visita al Vescovo. É un immagine bella di Chiesa, che si riunisce e che ha bisogno di ritrovarsi. Facciamo parte anche noi di questa schiera di persone che si ritrova intorno al pastore, i cui pascoli sono stati profondamente scossi nella notte tremenda del 5 aprile scorso. Alla prima riflessione sulla necessità di una nuova evangelizzazione per il popolo aquilano che parte proprio dall’evento “terremoto”, così commenta:

Sicuramente il Signore ci interpella in questo evento drammatico. È vero, la gente in questo momento ne ha bisogno, ha bisogno di sentirsi vicino, con affetto e amore. Mi commuovo ogni volta quando vado nelle tendopoli e la gente mi ferma e mi ringrazia della mia presenza”.

Il terremoto ha falciato alcune famiglie di cui il vescovo ricorda i nomi, i volti, le storie…

Al telefono A.,  piangeva tanto, il marito era un medico che mi operò nel 1996, hanno perso il figlio, la nuora e la nipotina, stavano preparando il Battesimo alla bambina,  al telefono le davo speranza e coraggio. E poi un’altra tragica storia di un uomo, un marito, un padre: ha perso sia la moglie che i figli, soltanto lui si è salvato. Le storie sono tante. Non ho ancora trovato il coraggio di leggere l’elenco delle vittime”.

Mentre colloquiamo c’è una scossa. Immediatamente il vescovo ci invita a rifugiarci nella tenda posta in giardino, dice “temo per la vostra incolumità”. La scossa è passata e fuori intensifica un furioso temporale, scegliamo di continuare l’intervista in casa. Questi attimi ci hanno permesso di sperimentare la massima povertà di questi giorni per le famiglie aquilane: fuggire dalla casa, vivere alle intemperie, rifugiarsi precariamente, perdere la propria casa…

La casa per la famiglia è il luogo che la identifica, il cuore degli affetti, dell’intimità; è il luogo fondamentale dove la famiglia si riunisce, senza la casa non c’è neanche la famiglia.  Mons. Molinari vive per primo il disagio della instabilità abitativa, proprio la stanza dove egli dormiva nella tragica notte è crollata.

“Sicuramente noi come Chiesa non siamo in grado di ricostruire le casa e suggerisco a tutti di intervenire subito senza perdersi in polemiche inutili, perché è necessario al più presto che tutte le persone che stanno nelle tendopoli possano riavere presto una casa dove ricostruire e rimettere  insieme il loro nucleo familiare. Questa mattina ero in una tendopoli vicino l’autostrada e ho incontrato delle persone in modo particolare ho parlato con una famiglia che conosco da tempo, Lucia e il marito che purtroppo hanno avuto un lutto grave, la sorella del marito ha perso la figlia, in attesa del secondo bambino, oltre al marito e al bambino della stessa. Una tragedia enorme che ha distrutto una famiglia intera. Poi al di là di questa tragedia Lucia stamattina nelle tendopoli mi parlava delle sue speranze, in particolare di non rimanere a lungo nelle tendopoli. Il popolo aquilano è abbastanza forte e paziente  e sa che si tratta di una emergenza e accetta questa situazione di precarietà, di difficoltà. Io mi auguro e supplico tutti, e farò del mio meglio per evitare che questa situazione duri troppo a lungo, perché così questa situazione danneggerebbe molto le famiglie in tutti i sensi”.

Trasmette fiducia Mons. Molinari ma il suo volto rivela che è molto provato dalla tragedia, non sono le chiese che lo preoccupano, che pure vanno ricostruite…

“la Caritas  ha pensato di costruire dei prefabbricati che serviranno a formare proprio gli uffici della Caritas come un centro d’ascolto e poi una volta che non serviranno più per questo scopo, saranno utilizzati per le parrocchie a formare centri d’ascolto, oratori, centri di aggregazione per i giovani ecc.  infatti proprio pochi giorni fa c’è stato un incontro di tutti i Vescovi dell’Abruzzo e Molise, ed era presente anche Mons. Giampiero Fasani economo della CEI, che ci ha promesso che farà di tutto per costruire una chiesa in legno. Poi penso che sia opportuno costruire anche qualche prefabbricato per i sacerdoti che sono più di 100 e per la maggior parte dormono nelle macchine. Anche un container per le famiglie andrebbe bene, purché dia loro la possibilità di riunirsi”.

E tra gli interventi urgenti, dice: “Al momento mi colpisce la tanta solidarietà. Oggi ho visto riunirsi tanti presidenti delle varie province italiane mostrando tutta la loro solidarietà, ancora  il 1 maggio si riuniranno qui tutti i sindacati. È bello vedere tutta questa solidarietà forte, ma quello che io dico a tutti che è importante ricominciare subito. Penso che le priorità siano dare alla gente il lavoro e le case, tralasciando il restauro dei beni culturali, l’aspetto estetico della città, l’ambiente ecc. Nelle priorità ci sono anche le università perché oltre ad essere un fatto culturale importante per i giovani è anche un motore indispensabile per l’economia  qui a L’Aquila perché attirava tanti giovani che venivano da ogni parte d’Italia. La mattina del terremoto ero a Piazza del Duomo e vicino a me c’erano alcuni studenti universitari, ho sentito un giovane pugliese che era molto agitato che non riusciva a recuperare il computer,  che gli mancava poco alla laurea e mi ha detto una frase che mi ha rattristato molto, cioè che non sarebbe mai più venuto a studiare qui a L’Aquila. Questo è comprensibile  per chi ha vissuto questa tragedia, però io credo che sia importante far capire ai giovani, che ancora devono completare il percorso universitario e agli altri studenti che hanno già pensato di venire qui a studiare in futuro, che c’è speranza. Credo che l’università in questo momento sia un punto di investimento, dove veramente ci si può trovare un accordo comune, un motivo per ripartire. La Diocesi c’è, il Vescovo c’è e con tutta la nostra povertà, i nostri limiti cerchiamo comunque di essere presenti vicini alla gente per ridare speranza, fiducia a tutti.

Lasciamo Mons. Molinari a quelli che attendono di incontrarlo, lo salutiamo  portandoci via l’immagine di un Vescovo vicino alla sua gente, che compatisce il dolore e la sofferenza e che ha una sola  preoccupazione:  girare per le tendopoli e far sentire la sua vicinanza per poter insieme e uniti ricominciare subito.




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