Bene informati e male educati
di Maria Luisa Di Pietro
La maggiore difficoltà, che si incontra in tema di “educazione della sessualità”, è definire il significato di questa locuzione. Perchè, limitando – come spesso avviene – l’intervento educativo alla sola informazione igienico-sanitaria, non si corre il rischio di dimenticare la complessa realtà umana?
Sono sufficienti risposte tecniche, tralasciando le “risposte etiche”?
La sessualità è dimensione strutturale della persona; capacità di entrare in relazione con gli altri; “segno” e “luogo” dell’apertura, dell’incontro e del dialogo; espressione della persona intimamente orientata all’Amore e al dono. Ne consegue che l’educazione della sessualità non può non guardare a tutta la persona, superando i limiti della preparazione alla “vita sessuale” e motivando l’educando al raggiungimento di grandi mete. Un tale progetto non può essere realizzato con la sola informazione: è necessaria una vera formazione finalizzata all’educazione della volontà, dei sentimenti e delle emozioni. Chi è il responsabile primario dell’educazione della sessualità? Senza dubbio i genitori, che -attraverso l’educazione – attuano la cosiddetta “seconda” generazione. Al diritto di educare i propri figli, di scegliere l’orientamento educativo, deve corrispondere il dovere educativo. Infatti, non offrire ai propri figli un ambiente familiare che possa consentire un’adeguata formazione, significa venire meno ad un preciso dovere. Un dovere, che viene eluso anche nel caso in cui si tolleri una formazione immorale o inadeguata impartita ai figli fuori casa. I genitori devono essere consapevoli che questo diritto/dovere è inalienabile e che non può essere né totalmente delegato ad altri né usurpato da altri. Ed anche quando la famiglia presenta una scarsa valenza educativa, le altre agenzie educative – tra cui la scuola – non possono mai privarla di questa responsabilità. L’intervento di agenzie educative esterne alla famiglia deve essere, infatti, sempre informato a due principi: la sussidiarietà e la subordinazione. Sussidiarietà significa che l’intervento deve essere di aiuto e non di sostituzione al ruolo formativo dei genitori. Questi, pur delegando ad altri il proprio compito educativo, non vengono privati dell’originaria potestà che continua ad appartenergli e a legittimare la possibilità di effettuare una tale sostituzione. Subordinazione significa che un’agenzia educativa esterna deve essere soggetta al controllo da parte dei genitori, che vanno informati e coinvolti nella gestione del processo educativo. Non si potrà, allora, mai impugnare la presunta inadeguatezza educativa della famiglia per estrometterla da tale compito: la famiglia va aiutata a colmare lacune e a tracciare validi percorsi educativi. E, quando la famiglia è educativamente assente o “diseducante”, le altre agenzie educative non possono limitarsi a sopperire le mancanze, ma devono avvertire in modo forte l’impegno a coinvolgere i genitori nella gestione e nell’esecuzione dei propri progetti educativi.
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