Conchita, una madre esemplare
di Giovanna Abbagnara
MESSICO 2009. Nella splendida cornice del Congresso teologico, primo evento del VI Incontro mondiale delle Famiglie, non potevano mancare i testimoni della fede. Uomini e donne che in modo particolare in questo paese dell’America latina hanno lasciato un segno nella storia e nella cultura di questo popolo ricco di tradizioni e di fede. Tra questi un’attenzione particolare è da attribuire sicuramente a Conchita Cabrera de Armida, sposa e madre esemplare.
Il secondo pomeriggio del Congresso, uscendo dalla cappella mi sono seduta su una sedia davanti alla porta. Stavo malissimo, avevo una nausea incredibile e un forte mal di testa. Non so quando tempo sono rimasta così su quella sedia, sulla soglia della cappella ad aspettare la mia amica. All’improvviso mi si avvicina un sacerdote che mi domanda in spagnolo se avessi bisogno di aiuto. Quando vede sul mio pass, Italia, si presenta dicendomi che ha origini siciliane. Parliamo per un po’ di tempo, insiste per accompagnarmi dal medico, “il tuo viso è troppo pallido” mi dice. Ma rifiuto e gli rispondo che un buon riposo guarirà tutto. Mi benedice e se ne va. Il giorno successivo nell’immenso salone delle relazioni lo vedo arrivare vestito di tutto punto con un grande copricapo accolto da una folla festante. È padre Domenico Di Raimondo, superiore generale dei Missionari dello Spirito Santo (molto amati in Messico) ma soprattutto postulatore della causa di beatificazione di Conchita Armida, una donna straordinaria, sposa e madre. Subito dopo la sua relazione sono andata a cercare padre Domenico. Lo volevo intervistare e volevo scusarmi per la scarsa considerazione del giorno precedente. In sala stampa era un brulicare di giornalisti e fotografi per l’arrivo di Bertone. Dico alla mia amica che dobbiamo assolutamente trovare padre Domenico. All’improvviso mi sento afferrare un braccio, “Giovanna come stai?”. È lui che ha trovato me. Quando mi ha visto, ha lasciato un giornalista con il microfono in mano per venirmi a domandare come stavo. È stato l’inizio di un colloquio e di un’intervista molto bella, in cui padre Domenico mi ha parlato di una donna vissuta agli inizi del Novecento che ha avuto uno spessore interiore davvero notevole. Pur avendo frequentato la scuola per soli tre anni esistono più di cento volumi, scritti da lei con un linguaggio splendido, in cui ha fissato tutto ciò che Gesù le ha detto.
Mons. Luis Maria Martinez, noto autore sudamericano, è stato il direttore spirituale di Conchita durante gli ultimi dodici anni della sua vita. Egli scrive nel 1929: «Ci vorranno molti uomini e molti anni per svelare i tesori spirituali di questi scritti».
Una ragazza molto sensibile
Padre Raimondo mi racconta che Conchita nasce settima di undici figli, da una famiglia benestante. “È una ragazza molto graziosa e anche molto sensibile. Ai balli e alle feste è molto amata e ricercata. Ma ella scriveva nel suo diario di sentirsi molto sola: «In un mondo di lunsinghe, di distrazioni e di feste sentivo un vuoto in me… Vivevo un immenso vuoto che pensavo di colmare con il matrimonio… Signore, io mi sento impotente ad amarti, voglio dunque sposarmi. Dammi molti figli affinché essi ti amino meglio di me». Corona il suo sogno sposandoFrancisco Armida, conosciuto quando aveva tredici anni. Durante il pranzo nuziale chiede allo sposo due cose: di lasciarle la libertà di fare la comunione tutti i giorni e di non esserne geloso”. Conchita amerà il suo sposo con una tenerezza infinita, tanto che lei stessa racconta che il temperamento di lui, a volte violento diventa successivamente docile e accogliente tanto che la sua stessa mamma e le sorelle se ne stupirono. Questo amore negli anni diventa forte perché si fonda su un intenso cammino di preghiera. Dopo sedici anni di matrimonio, il 17 settembre 1901 muore improvvisamente il suo sposo: «Un pugnale attraversava la mia anima senza mitigazione, senza consolazione alcuna. Quella notte il Signore mi presentò il calice e me lo fece bere goccia a goccia, sino in fondo. Durante quei giorni, me ne andavo vicino al tabernacolo per attingervi sostegno e forza. Oh, notte di solitudine, di dolori, di sofferenza!».
Essere madre
Conchita non è stata solo una sposa secondo il cuore di Dio, è stata anche una madre straordinaria. All’incontro mondiale delle famiglie si è parlato ampiamente della necessità di trasmettere i valori ai figli, chiedo a padre Raimondo in che modo Conchita ha vissuto la sua genitorialità e lui mi risponde citando due pagine del diario spirituale di questa mamma. Nella prima ella scrive: “Ho capito che l’amore che assomiglia di più all’amore di Dio è l’amore della mamma, perché la mamma ama ogni figlio singolarmente e nel cuore capisce l’unicità dei figli. Poi ancora nell’altra pagina scrive che: “Io studio il carattere, la personalità di ogni figlio e devo porgere particolare attenzione agli amici, la scuola. Devo formare il cuore dei miei otto figli, lottare contro otto caratteri, mettere via il male, introdurre e sviluppare il bene». Oltre alla perdita del marito vive anche la morte di quattro dei suoi nove figli. Carlos muore all’età di sei anni; Pedro annega a quattro anni nel pozzo; Pablo muore all’ età di diciotto anni di tifo. Sua figlia Concha entra all’età di diciassette anni in una delle congregazioni fondate dalla madre, però muore a trentacinque anni. Suo figlio Manuel entra dai Gesuiti e pronuncia i voti all’età di diciannove anni, poi dai superiori viene mandato in Spagna e non torna mai più in Messico.
Però tutte queste sofferenze non sono perdute, bensì diventano fruttuose per tutta la Chiesa. Gesù stesso consola Conchita con queste parole: «Tu sarai madre di un gran numero di figli spirituali, però ti costeranno mille morti da martire». Gesù aveva già iniziato a preparare Conchita durante i felici anni del matrimonio in maniera particolare alla sua missione. Quando aveva 27 anni, Gesù parla per la prima volta al suo cuore: «La tua missione sarà di salvare le anime». «Sentii chiaramente in fondo alla mia anima, senza possibilità di dubbio queste parole. Non comprendevo come realizzare ciò. Presi decisioni molto pratiche, piene di fervore, ripetendo il mio desiderio di amare senza misura colui che è l’Amore. Ma ora bisognava ritornare nel mondo e ai miei doveri, con la necessità di camminare attraverso il fuoco senza bruciarmi. Nel medesimo tempo che questa fiamma cresceva nel mio cuore, lo zelo mi divorava e desideravo ardentemente far partecipare ad altri la felicità dei sublimi insegnamenti ricevuti». Come vedova, a 39 anni, Conchita inizia finalmente anche all’esterno a mettere in pratica quell’apostolato al quale Gesù l’ha chiamata.
La specificità dell’esperienza di Conchita.
Padre Raimondo mi racconta che: “Conchita, nella sua vita ha scritto molto e in questi scritti realizzati per la maggior parte in preghiera ha capito una cosa che il Concilio Vaticano II ha espresso chiaramente cioè che tutti siamo attraverso il Battesimo chiamati alla santità, ognuno nel suo stato di vita. Spingeva tutti a diventare santi,. In una lettera inviata al nostro fondatore scriveva: “Padre, la prego Lei si faccia Santo!”. In modo particolare ha spinto i figli con le parole e l’esempio a vivere questa chiamata. Aveva un amore profondo per Gesù e nel 1884 quando era già sposa e madre, per dimostrare l’amore che aveva per Gesù decise di farsi incidere a fuoco sul suo corpo il nome di Gesù salvatore degli uomini”.
Quale eredità ci ha lasciato Conchita? “Per mezzo di lei, il Signore ha suscitato nella Chiesa le Opere della Croce: l’Apostolato della Croce per tutto il popolo di Dio, laici, sacerdoti e religiosi; le Religiose della Croce del Sacro Cuore di Gesù, di vita contemplativa; l’ Alleanza d’amore con il Sacro Cuore di Gesù, per i laici; La Fraternità di Cristo Sacerdote, per vescovi e sacerdoti; e i Missionari dello Spirito Santo. In più, sono nati altri 11 Istituti sia maschili che femminili, di cui uno maschile di rito Bizantino in Romania, e due movimenti laicali, che formano parte di quella che chiamiamo la Famiglia della Croce. Queste opere sono animate da un intenso spirito sacerdotale e trinitario e cercano di diffondere nella Chiesa il Regno dello Spirito Santo, che è il regno dell’amore e della croce del nostro Salvatore. L’eredità più preziosa che Conchita ci ha lasciato è quella di dare la vita, come lei l’ha data, in favore della Chiesa e della salvezza dell’umanità, causa per la quale lei stessa si è offerta al Signore.
Il processo di Beatificazione.
“Siamo a buon punto, aspettiamo solo che la causa arrivi a Roma, in Vaticano, per la Beatificazione. Voglio dire anche che tutte le mamme e i papà devono trasmettere amore anche al di fuori della propria famiglia, perché oggi alcuni giovani vivono senza amore , privi del senso della famiglia, e nei libri di Conchita si parla soprattutto di questo. L’arcivescovo del Messico ci sprona a far conoscere Conchita a tutti, soprattutto alle mamme per trasmettere i valori che lei ha vissuto, che le ha donato”. Conchita ha segnato profondamente la spiritualità di padre Domenico, si è offerto volontario a far pervenire la causa a Roma, affinchè Conchita diventi beata. “Leggo sempre i libri di Conchita, e mi lascia sempre un desiderio di Dio molto grande, mi aiuta a capire che la Santità è qui, ora senza rimandare”.
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