Per noi è stato un Padre

di Carlo Casini

Il forte legame che univa il Movimento per la Vita e Giovanni Paolo II era il segno evidente di quanto questo papa sia stato attento alle tematiche della vita nascente e del rispetto della persona umana.

Che Giovanni Paolo II sia stato il “Papa della vita” è ormai evidente a tutti, anche se molti cercano di nascondere questo aspetto del suo magistero.

Perché Karol era nostro padre. Padre delle nostre anime, dei nostri ideali, della nostra tenacia. Era con noi nelle nostre case, soprattutto quando venivamo tentati dal dubbio, dalla stanchezza. Parlo del Movimento per la Vita e di quanti, senza tessere o elenchi nominativi, hanno condiviso il dolore per la morte dei bimbi e l’indifferenza dei grandi.

Quante volte gli chiedevamo di incontrarlo lui ci diceva: “venite”. Talora fissavamo noi l’ora e il giorno, come è avvenuto il 22 maggio 1998 e il 22 maggio 2003, nel 20° e nel 25° anniversario della legge sull’aborto. Ma Lui ci ha sempre accolti e sempre ci ripeteva “grazie!”. Per che cosa Santo Padre? Sei Tu che ci hai insegnato, incoraggiato, sostenuto, hai avuto per noi una fiducia smisurata che ci fa ancora tremare. Egli ci disse una volta: “sono convinto che la grande influenza del Movimento per la vita nel mondo e l’enorme importanza del suo contributo dato all’umanità, sarà adeguatamente capita solo quando la storia di queste generazioni sarà scritta” (1/3/1986, Discorso alla Federazione internazionale del diritto alla vita). Non ha mai chiamato “embrione” l’uomo nella fase più giovane della sua esistenza, ma “bambino non nato”. Non ha mai chiuso la sua difesa nell’ambito di una morale “soggettiva” o soltanto “cattolica”, ma l’ha posta alla base e al centro di tutta la cultura moderna e laica dei diritti umani e nella prospettiva di un rinnovamento generale della società.

Sono scolpite nella nostra memoria le Sue parole che – contro la dimenticanza dei più – collocano l’Evangelium vitae tra i grandi documenti sociali “Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia – vi si legge al n. 5 – e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, così ora, quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente il dovere di dar voce con immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani. Ad essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita è oggi una grande moltitudine di esseri umani deboli e indifesi, come sono, in particolare, i bambini non ancora nati”.

Insomma Karol Wojtyla con la sua enorme autorità e credibilità non solo ci ha incoraggiato, ma ci ha – in un certo modo – “autenticati”, ci ha confortato. Come un Padre, appunto.

Un alleato potente.

Mi rendo ben conto della enorme quantità e gravità dei problemi che gravavano sul mondo e sulla Chiesa quando il cardinale di Cracovia fu eletto Papa. Tuttavia è un dato di fatto che Egli è stato Pontefice universale perché è stato vescovo di Roma, che Roma è la capitale d’Italia e che Egli fu eletto proprio nello stesso anno in cui in Italia fu approvata ed entrò in vigore la legge 194. Il dato banalmente cronologico esprime qualcosa di più profondo? La legge 194 è una legge qualsiasi oppure è la spia e l’effetto di una cultura e di una situazione più importante e significante?

Il Movimento per la vita, appena nato, si trovò subito di fronte alla responsabilità di vincere la rassegnazione, coagulare le forze, pensare per tutti. Ci fu il referendum. Nei primi mesi del 1980 il partito Radicale raccolse le firme necessarie per peggiorare ulteriormente la già iniqua 194. Tormenti, consultazioni, incontri, incertezze. Alla fine la decisione. Non ci rassegneremo. Nel periodo più infelice, nell’estate 1980, prima che scadesse l’ultimo termine utile (30 settembre) provammo anche noi a raccogliere le firme. Senza giornali, senza televisione, senza denaro. Ma a fine agosto, trovammo un alleato potente: Karol Wojtyla. Ricordiamo le sue forti parole a Santa Maria di Collemaggio all’Aquila (30 agosto 1980): “Come Vicario di Colui che è la vita del mondo, alzo la mia voce in difesa di chi non ha mai avuto ne avrà voce: non si può sopprimere la vita nel seno della madre! I laici cattolici ricordano certamente l’invito dei loro vescovi ad operare per un superamento della legge attuale, inaccettabile, con norme totalmente rispettose del diritto alla vita”.

Quell’estate “per la vita” del 1980, con l’aiuto del Papa, si concluse in modo clamoroso: oltre 2 milioni e 300mila cittadini italiani lasciarono la loro firma autenticata. Ma il referendum poi andò come è noto.  Quattro giorni prima del referendum, il 13 maggio, il Papa fu colpito quasi a morte in piazza San Pietro da Alì Agcà. Il 18 giorno successivo a quello in cui si era svolto il referendum nella camera del “Gemelli”, dove era stato ricoverato quasi in fin di vita, gli giunsero le notizie sul referendum. Mi domandai allora e mi sono poi chiesto tante volte, se Egli fu ferito più gravemente dall’attentato o dal voto degli italiani. Ecco come lui stesso, parlando ai cardinali di curia il 22 dicembre successivo, valutò l’accaduto: “Migliaia e migliaia di vittime innocenti sono sacrificate nel seno delle madre! Si sta purtroppo oscurando il senso della vita e di conseguenza il rispetto dell’uomo!”.

La prima sfida

Naturalmente la coincidenza della data non è ricordata per suggerire qualcosa di miracoloso, ma solo per dimostrare quanto il Pontificato sia stato inserito nella storia di quello che Wojtyla nell’Evangelium vitae ha chiamato “congiura contro la vita”, “guerra dei potenti contro i deboli”, “minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti dell’uomo”. Giovanni Paolo II ne ha avuto piena consapevolezza ed ha ritenuto sua specifica missione alzarsi in piedi contro la “cultura della morte”. Ognuno può constatare che Giovanni Paolo II non si è “mai stancato di proclamare alto l’intangibilità della vita umana”.

Perciò è doveroso riconoscere che Karol Wojtyla è stato il Papa della vita. “Grande”, anche per questo. In uno straordinario recentissimo impegnativo discorso rivolto il 10 gennaio 2005 al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede Giovanni paolo II ha guardato “con un solo colpo d’occhio, la grande scena dell’Umanità con i comuni gravi problemi che l’agitano, ma anche con le grandi e sempre vive speranze che l’animano” e si è rivolto, tramite gli ambasciatori a tutti i giovani del mondo elencando ed illustrando “le sfide dell’umanità d’oggi: la sfida della vita, la sfida del pane, la sfida della pace, la sfida della libertà, di religione”. Al primo posto la vita dell’uomo. Ecco le sue parole: “La prima sfida è la sfida della vita. La vita è il primo dono che Dio ci ha fatto, è la prima ricchezza di cui l’uomo può godere. La Chiesa annunzia “il Vangelo della Vita”. E lo Stato ha come suo compito primario proprio la tutela e la promozione della vita umana”.

Vicino fino all’ultimo.

Pochi giorni prima della Sua morte, il 29 marzo, mi è giunta una lettera in cui il sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Leonardo Sandri, ci ha fatto pervenire un dono a nome del Sommo Pontefice. Vi si dice: “Il santo Padre, mentre incoraggia a proseguire, con generosa dedizione l’impegno in favore della vita umana, accompagna il dono con la Sua speciale benedizione, che volentieri estende ai collaboratori ed a tutti i membri del Movimento”.

Suscita particolare commozione il fatto che Giovanni Paolo II, ormai allo stremo delle forze, abbia pensato ai bambini non ancora nati minacciati di morte, alla cultura della vita, al Movimento per la vita. La lettera pervenutaci è il Suo ultimo saluto, il Suo ultimo incoraggiamento, la Sua ultima benedizione. Il dono (25mila euro) non richiesto in alcun modo ci è pervenuto senza che noi potessimo neppure immaginarlo, per una evidente spontanea iniziativa del Santo Padre. Lo abbiamo destinato a Progetto Gemma. Otto bambini sono nati perché le loro mamme, nel momento dell’angoscia e della solitudine, hanno sentito una carezza del Papa morente.

Lo promettiamo

Come essere all’altezza di tanta immeritata fiducia?

La voce potente che si è fatta sentire in ogni angolo del mondo, che il 13 maggio 1981 qualcuno ha tentato inutilmente di far tacere, è andata negli ultimi tempi progressivamente spegnendosi fino a diventare muta, faticoso gesto della mano benedicente. Ora che Karol Wojtyla non è più fisicamente con noi qualcuno deve continuare a far sentire l’accorato appello del Papa della vita? “Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico per mettere in atto una grande strategia in favore della vita”, egli ha scritto nell’Evangelium vitae (n. 95). “Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita”. Noi abbiamo già espresso la nostra promessa. Con tremore ed umiltà. Ma l’abbiamo ripetuta fino all’ultimo, anche per scritto. Sappiamo però che deve essere la promessa dell’intero “popolo della vita”.




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