Quando i figli chiedono attenzione

di Giulia Palombo

Nell’esercizio della propria funzione educativa capita, a volte, di trovarsi di fronte a comportamenti insoliti e bizzarri  attuati dai propri figli. Bambini di solito calmi e collaborativi possono iniziare a fare capricci o a combinare guai che pur se presentati come “incidenti” hanno la chiara parvenza di un dispetto.  Oppure adolescenti che non si limitano ad essere oppositivi e ribelli ma hanno un atteggiamento esplicitamente provocatorio, ad esempio mostrano senza imbarazzo una pessima pagella, o esibiscono un piercing che si sono fatti senza il consenso dei genitori …

In questi casi il genitore percepisce chiaramente che c’è qualcosa che va al di là di quel singolo evento o comportamento e che c’è una spiegazione per ciò che sta succedendo.

Spesso si ipotizza che dietro a questa sequenza insolita di comportamenti ci sia una richiesta di attenzione, ma come fare a capire se questa ipotesi è valida o meno?

Quando un genitore può dire con certezza che il comportamento cattivo, irrequieto, irrispettoso del figlio ha come scopo quello di ottenere attenzione?

La regola per rispondere a questa domanda è osservare ed esaminare.

Il genitore deve osservare le conseguenze che il comportamento del figlio produce su di lui. Deve prendere in considerazione quanto sente e prova, come reagisce di fronte al comportamento del figlio. I sentimenti sono un indice di quanto sta capitando, dalle proprie reazioni, dai sentimenti provati si può risalire agli scopi del comportamento del figlio.

In secondo luogo va osservata la reazione, la risposta del figlio, quando si interviene su di lui per correggere o modificare il suo comportamento.

Se il ragazzo vuole ricevere attenzione, suscitare l’interesse degli adulti o essere preso in considerazione il suo comportamento farà innervosire i genitori, li farà sentire scocciati, disturbati, infastiditi.

Normalmente il genitore risponde a questi comportamenti dando in qualche modo attenzione al figlio (ragionando, persuadendo, ripetendo cosa deve e non deve fare…), allora il figlio rafforzerà la sua convinzione che per ottenere attenzione deve fare così.

Per aiutare questi ragazzi è necessario che i genitori gli facciano capire che ci sono altri modi per ricevere attenzione e considerazione. Ad esempio, i genitori possono provare a dare attenzione ai loro figli quando questi non se l’aspettano.

L’attenzione e la considerazione infatti, non sono qualche cosa da elargire su richiesta, neppure quando il figlio le chiede comportandosi bene e facendo il bravo. L’attenzione deve essere sempre qualcosa rivolta alla persona e non una risposta più o meno forzata a stimoli, richieste, scocciature.

Infine è utile sottolineare che qualsiasi richiesta sia dietro al comportamento dei propri figli, non va mai intesa come un semplice bisogno intrapsichico del bambino o del ragazzo, ma ha sempre una radice interpersonale e relazionale.

Se un ragazzo inizia a chiedere maggiore attenzione, lo fa perché ha sperimentato una carenza intorno a sé e anche se questa carenza non è reale, ma solo percepita, il genitore dovrebbe chiedersi sempre come ha contribuito alla sua formazione.




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