Una nuova primavera per la pastorale familiare

di Mons. Giuseppe Anfossi, Vescovo di Aosta

Parlare di famiglia e parrocchia è un grande dono che viene fatto alle Chiese che sono in Italia. È un omaggio reso al Magistero degli ultimi Papi come Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è un omaggio alle Diocesi italiane e simultaneamente alla Conferenza Episcopale Italiana. In particolare è un omaggio all’Ufficio Nazionale di pastorale per la famiglia di questa Conferenza che crea collegamento tra le Diocesi italiane e offre aiuti concreti agli operatori pastorali.

Grazie a questo forte terreno, così ben arato (dove contano Scrittura e teologia), le Chiese italiane hanno optato da subito per una pastorale familiare popolare e territoriale. Questa pastorale ha valorizzato la fonte carismatica ed esperienziale dei movimenti e delle associazioni per far lievitare una vera pastorale familiare su misura della parrocchia, dove sono importanti i preti diocesani – in particolare i parroci – le famiglie del ceto medio basso, le più presenti in parrocchia, e anche i loro figli.

La lodevolissima esperienza di pastorale familiare di molte parrocchie ha posto l’accento sulla famiglia come soggetto della pastorale familiare e l’ha interpretata non come settore, ma come dimensione unificante delle altre pastorali. Essa ha fatto crescere a poco a poco una consapevolezza nuova nei due protagonisti adulti prevalenti nella comunità parrocchiale, sacerdoti e sposi. Avendo ricevuto entrambi un sacramento ordinato alla salvezza altrui e quindi la missione di edificare il popolo di Dio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1534), hanno tentato di riconoscersi reciprocamente in ciò che è proprio e li differenzia, ma anche in ciò che li allea e li fa collaboratori.

Ciò nonostante la pastorale familiare rimane un po’ alta, anche se molto disponibile a scendere; essa perciò non è ancora un’esperienza di base. I pastori con fatica riconoscono nei battezzati divenuti sposi uno “stato cristiano” di sua natura santo e santificantore, alleato nell’edificare il Regno.

È forse venuta l’ora – già in non poche Diocesi è così – di pensare ad una fase nuova di pastorale familiare, quella che nasce con la catechesi dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima ed Eucaristia). Non dico che si tratti di affidarla ai genitori, perché io personalmente ritengo che a contatto dei ragazzi, chiamati a coltivare la fede, debba essere messa tutta la comunità adulta. Tuttavia una presenza privilegiata, non esclusiva, dei genitori dei ragazzi dovrebbe essere favorita. In questo modo si potrebbe provocare uno sviluppo di quella pastorale familiare che è stata così bene delineata nel Direttorio. La novità è farla nascere in occasione della catechesi mentre i figli sono ancora giovanissimi. Forse così sarà anche possibile immaginare un numero significativo di parroci innamorati di questa pastorale destinata agli adulti.




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