“Tante belle cose”

di Eugenio ed Elisabetta Di Giovane

Inizia con questo numero “Mission Possible”, la nuova rubrica affidata alla famiglia missionaria Di Giovane. Quella di Eugenio ed Elisabetta non  è una missione impossibile. Ce lo faranno comprendere attraverso esperienze e scelte radicate nella quotidianetà che nascono dalla semplicità e dalla bellezza del Vangelo.

La nostra vocazione missionaria si inserisce in una scelta vocazionale più grande: l’impegno a vivere per tutta la vita il Vangelo di Gesù Cristo nell’Ordine Francescano Secolare. La nostra quindi è una vocazione nella vocazione. Il Centro Missionario dell’OFS ci ha aiutati ed accompagnati nel discernimento fino alla nostra disponibilità a partire per alcuni anni. A quel punto ricevemmo l’obbedienza di andare in Venezuela.

La nostra famiglia è nata più con il desiderio di lavorare con i poveri che di lavorare per i poveri. Le povertà che abbiamo  trovato in Venezuela sono diverse dalle povertà lasciate a Milano. Però abbiamo capito che le povertà più difficili da “gestire”  non sono solo quelle fatte di stenti materiali (l’ingiusta distribuzione delle risorse è una realtà planetaria di cui percepiamo la tragicità anche nelle nostra civiltà occidentale), a quella, con un minimo di buona volontà, ci sarebbe rimedio. Le povertà più profonde ed  umilianti sono quelle che Madre Teresa chiamava “solitudine”, e che Francesco d’Assisi percepì nel lebbroso “l’emarginazione”.

Si può vivere di stenti ma percepire che si è uomini, capaci di amare ed essere amati seppur nella miseria più totale. Quando alla povertà economica si associa l’umiliazione dell’essere considerata una “non persona” allora la morte è già avvenuta, ancor prima che il cuore smetta di battere. E purtroppo in ogni parte del mondo ci sono uomini che non interessano a nessuno, che non sono forza lavoro da sfruttare, o voti da conquistare e quindi sono lasciati soli, abbandonati ed emarginati, questa volta non più fuori le mura della, città ma negli stessi spazi in cui vivono gli altri, che semplicemente li ignorano.

Il “Barrio” in cui viviamo è molto povero e problematico. Ed anche qui ci sono decine di casi di emarginazione ed esclusione a cui è sempre abbinata anche una problematica sociale o sanitaria. È un lavoro molto duro essere qui famiglia e famiglia missionaria. Ma siamo fiduciosi che con l’aiuto di Dio possiamo essere in grado di dare il nostro piccolo contributo per permettere agli oppressi del “Barrio” di poter “alzare la testa”, organizzarsi in maniera tale da poter far valere i propri diritti ed essere in grado di assumersi le proprie responsabilità.

Noi, dopo più di un anno, siamo ormai pienamente integrati nella comunità, ci sentiamo voluti bene ed accolti. Esiste sempre una rete di interesse e protezione nei nostri confronti. Siamo tenuti “a vista” soprattutto dagli abitanti del Barrio, ma anche gli abitanti degli altri barrios sanno che noi siamo “gli italiani”, che lavoriamo per la Chiesa e che facciamo “tante belle cose”, soprattutto per i giovani e gli anziani. Ed il senso di amicizia della gente si trasforma in senso di famiglia, così nonostante i nostri genitori, nonni, zii, cugini e amici siano in Italia, qui ne abbiamo almeno il doppio che fanno a gara per regalarci un dolce, della frutta o per invitarci a pranzo, ad un compleanno o a capodanno per non farci sentire soli in terra straniera. E così si compie nelle nostre vite quel senso di fraternità universale che, seppur nella nostalgia della lontananza degli affetti più intimi ci riempie di gioia per una nuova famiglia che, grazie a  Dio, stiamo riuscendo a sperimentare dall’altra parte dell’Oceano.




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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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