Capire il disagio dei figli
di Giulia Palombo
Quotidianamente i mass media ci propongono immagini che ritraggono ragazzi e adolescenti come autori di atti violenti, fenomeni di bullismo o assoggettati a dipendenze varie. Recentemente tutti i telegiornali hanno parlato di un gruppo di adolescenti di un Liceo di Torino che maltratta un ragazzo disabile, filmando la scena per poi pubblicarla su internet.
Questi non sono fenomeni che si sentono soltanto alla TV e non interessano solo situazioni caratterizzate da degrado socio-culturale. Basta guardarsi un po’ intorno, osservare meglio quello che avviene nelle nostre strade e nelle nostre scuole per notare giovani che, come se fossero annoiati dalla normalità e dalla quotidianità, ricercano esperienze alternative e straordinarie che rischiano di diventare pericolose per se stessi e per gli altri.
Di fronte a questa realtà i genitori vengono colti da ansie e paure e cominciano a chiedersi se e in quale misura questi fenomeni possano interessare i propri figli.
In fondo è possibile che quei ragazzi non abbiano mai dato in famiglia segnali di malessere? Oppure, i genitori non sono stati sufficientemente attenti ad osservare e capire i loro figli? Esistono dei parametri, degli indicatori per poter capire che qualcosa non va? Queste sono solo alcune delle domande che tormentano i genitori, mentre si impegnano a capirci qualcosa in più, a fare chiarezza su parole, atteggiamenti, comportamenti dei propri figli, a cercare indizi di un eventuale disagio.
Ai genitori che si trovano ad affrontare queste paure va detto, innanzitutto, che bisogna abbandonare la logica di causa-effetto, non è un singolo comportamento che può rivelare la propensione ad adottare condotte devianti e antisociali, ma una situazione generale in cui gli indicatori di un disagio convergono da più lati.
Eccessiva timidezza, propensione all’aggressività, atteggiamento di sfida, iperattività, difficoltà nel controllo degli impulsi, deficit di attenzione e concentrazione, scarso rendimento scolastico sono tutti elementi che se presi singolarmente possono essere espressione di difficoltà passeggere legate ad una particolare fase di sviluppo, ma se presenti contemporaneamente e in modo persistente e prolungato possono acquistare un significato diverso che bisogna andare ad indagare e valutare con maggiore attenzione.
La questione diventa ancora più complessa quando si parla di adolescenti. L’adolescenza è per sua natura una fase di crisi, caratterizzata dal rifiuto delle regole, dall’aumento dei conflitti e delle provocazioni verso il mondo degli adulti. Gli adolescenti cambiano rapidamente umore, oscillano tra sentimenti di colpa, vergogna e delusione, intensa rabbia, disistima e sensazioni di grandezza.
In questa situazione distinguere fra ciò che è “normale” e ciò che non lo è diventa ancora più complicato.
L’apertura al dialogo e la creazione di efficaci canali comunicativi rappresentano lo strumento più importante che i genitori possono utilizzare per capire ed essere vicini ai loro figli.
Un ascolto empatico e non giudicante, infatti, permette ai ragazzi sentirsi liberi di esprimere quello che provano, di parlare ai genitori di sé, delle proprie emozioni, delle proprie paure e difficoltà.
Se i ragazzi non temono di essere giudicati e non capiti, riusciranno ad esternare anche le loro insicurezze a parlare dei propri errori, chiedendo aiuto e cercando soluzioni invece di chiudersi e isolarsi.
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