La pazienza è la virtù dei giovani

di Peppe Iannicelli

Bamboccioni e gravidanze tardive. Questo è il bilancio di una generazione di giovani lasciata sola e attaccata da più parti.

Strisce rosa, ma per chi?

Le strisce rosa del parcheggio suscitano curiosità. Il posto per l’auto è diventato sempre più una chimera imprendibile; quelli con le strisce bianche sono introvabili o comunque già occupati, quelli con le strisce gialle riservati agli handicappati sono spesso usurpati da truffatori e scostumati, quelli blu sono meno rari ma molto, molto più costosi. Quelli rosa non li usa quasi mai nessuno… o meglio nessuna.

Le strisce rosa, ultima novità della creatività normativa stradale, servono infatti ad indicare il parcheggio riservato alle donne in dolce attesa. Ce ne sono sempre di meno in Italia;  quei parcheggi rosa restano quasi sempre vuoti e non soltanto per il consiglio del ginecologo che raccomanda di evitare la guida negli ultimi mesi della gravidanza onde scongiurare pericoli alla gestante ed al nascituro.  Il deserto  nelle strisce rosa è un sintomo emblematico della curva demografica in Italia. Nascono sempre meno bambini e le donne diventano madri in età sempre più avanzata. La media nazionale per la prima gravidanza è arrivata a trentadue anni, ma i corsi preparatori al parto sono sempre più affollati da donne che viaggiano verso la quarantina o sono addirittura alle soglie della menopausa.

Corsi pre parto per le over 40

Nonostante i desideri femminili, l’Istituto Nazionale di Statistica li quantifica in 2,1 figli a testa, è sempre più frequente il caso della coppia con un solo figlio fortemente a rischio di diventare superviziato.  Le strisce rosa sono pertanto inutilizzate e rischiano di esserlo sempre di più in futuro ché la situazione economica italiana non accenna proprio a migliorare. È proprio infatti l’instabilità economica, lo confermano fior di studi statistici, a rallentare la prima maternità. Diverse le ragioni. Si è allungata l’età del percorso formativo che tra laurea e specializzazioni si conclude non prima dei venticinque-ventisei anni; il mercato del lavoro ha gravi elementi di rigidità che favoriscono il mercato nero dell’accesso alla professione o lo sfruttamento del precariato; gli stipendi sono bassi specialmente per coloro che si trovano all’inizio della carriera lavorativa; i mutui e le locazioni immobiliari costano un occhio della testa.  Non è che gli italiani in età da matrimonio non si innamorino più; i fidanzamenti durano in media cinque anni.

È che proprio mancano i presupposti di base per metter su casa e famiglia. La data del fatidico si viene rinviatasine die e le nozze, sempre la media nazionale, vengono celebrate all’età di trentadue anni per lui e trenta per lei. Giusto il tempo di prendersi le misure… ed ecco che la signora diventa mamma spegnendo le candeline del trentaduesimo compleanno. E qui alle difficoltà economiche già prima descritte si aggiungono gli enormi costi di crescita di un neonato che nella migliore delle ipotesi ammontano ad almeno 300 euro al mese. Il secondo figlio – che pure sarebbe gradito e desiderato – viene riposto nel libro dei sogni dopo una rapida lettura dell’estratto conto familiare.

>Bamboccioni per forza

Guardiamolo insieme questo estratto conto; guardiamolo insieme a quel simpaticone di Padoa Schioppa che ha definito i giovani costretti ancora a vivere in famiglia dei “bamboccioni”. Lui ha trentaquattro anni, lei ne ha trentuno. Sono sposati da due anni. Lui è fortunato, ha un lavoro a tempo indeterminato e porta a casa uno stipendio di 1300 euro. Fino all’avvento della moneta unica sarebbe stato un ottimo stipendio. Lei, collabora con uno studio legale e guadagna cinquecento euro al mese. In due fanno 1800 euro. Vivono in una città media ed in un appartamento di ottanta metri quadrati in zona periferica. La casa costa loro 900 euro al mese tra fitto, condominio, gas, luce, telefono. Ne restano altri 900 (trenta euro al giorno) per tutto il resto: mangiare, vestiti, trasporti per ricordare solo l’essenziale in un’Italia nella quale un litro di latte costa almeno 120 centesimi, il pane 2 euro e più al chilo. Non possono permettersi una pizza con gli amici (almeno 15 euro a testa), un cinema (almeno 20 in due), la palestra (non meno di 30 euro).

Possono permettersi un figlio la cui spesa media mensile non è inferiore a trecento euro e con la drastica riduzione delle entrate familiari poiché l’assenza di asili nido costringerà la mamma a rinunciare anche al suo esiguo compenso? Ecco allora che i giovani tardano a lasciar la casa a vita. Ecco che gli sposi indugiano a metter al mondo bambini. Ecco che l’Italia diventa un paese vecchio con sempre meno giovani lavoratori pronti costruire il proprio futuro ed a lavorare per pagare la pensione agli anziani.

Questi sono i bamboccioni di Padoa Schioppa degno epigono di una classe politica con stipendi milionari, affitti di privilegio, servitù e macchine blindate come le proprie vite; una classe dirigente impegnata a mantenere i privilegi di casta in una drammatica autoreferenzialità sempre più distante dal paese reale.

Le bellissime tasse

Al danno si aggiunge la beffa ed alla beffa un’altra beffa ancora. Il Ministro dell’Economia giudica bellissimo pagare le tasse. Io sono un contribuente scrupoloso e responsabile. Non faccio salti di gioia alle scadenze fiscali ma comprendo che il mio contributo economico serve a far funzionare il paese, a costruire scuole ed ospedali, a pagare i dipendenti pubblici. Mi fa infuriare, però, lo sperpero delle risorse e la mancanza di equità fiscale.

Due singles monoreddito pagano meno tasse di marito e moglie con due figli a carico; in Francia hanno introdotto un quoziente fiscale che riduce la pressione fiscale sulle famiglie permettendo di scorporare dal reddito imponibile le spese sostenute per i figli. Perché in Italia non si fa altrettanto? La politica per la famiglia e la maternità è molto semplice, come debbono esser tutte le cose domestiche: case a prezzi popolari, stipendi dignitosi, prezzi sotto controllo, equità fiscale e lotta all’evasione, servizi per la famiglia come gli asili nido. Qualcuno ha calcolato in 30 miliardi di euro le somme necessarie. Non ci sembra poi tantissimo rispetto alle spese militari. Una politica familiare seria rimetterebbe in moto l’economia del paese ché senza la capacità di spesa delle famiglie nessuno sviluppo è possibile.




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