Voci a confronto

di Giovanna Abbagnara

E’ vera emergenza educativa? Esperti e genitori rispondono.

I PROTAGONISTI DEL FORUM

FLORIANA FALCINELLI

La Prof. Floriana Falcinelli Di Matteo è prof.re straordinario di Didattica generale e Tecnologie dell’istruzione e apprendimento, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Perugia.  Ha partecipato a numerosi convegni sui temi delle tecnologie dell’istruzione e della didattica generale e da tempo si occupa dei problemi connessi alla formazione degli insegnanti.

LUCA BORGOMEO

Laureato in giurisprudenza presso l’università di Napoli, è abilitato all’insegnamento per le materie giuridiche. Giornalista iscritto all’albo, dal 2003 è presidente dell’Aiart e direttore responsabile del mensile “Il Telespettatore” e della rivista trimestrale di studi sulla comunicazione “La Parabola”. Dal 28 febbraio 2006 è Presidente del Consiglio Nazionale degli Utenti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

TONINO E GIOVANNA CINIGLIO

I coniugi Ciniglio si sono sposati il 30 aprile 1984 ed hanno 5 figlie.

Dal 2000 vivono in un’Oasi della Fraternità di Emmaus presso la quale, a tempo pieno, accolgono minori e mamme in difficoltà. La loro scelta nasce da un’esperienza di fede molto forte che li ha visti impegnati nel dare vita sia al movimento di spiritualità che all’ “Associazione Progetto Famiglia Onlus”, il braccio operativo attraverso il quale il movimento opera in diversi ambiti a sostegno della famiglia.

MICHELE GESUALDI

Nato a Bovino (Foggia) il 21 dicembre 1943. È stato uno dei primi sei allievi di Don Milani (sul quale ha curato varie pubblicazioni) ed ha prestato lui stesso servizio nella scuola di Barbiana dal 1966 al 1967. Ha iniziato una lunga carriera di impegno sindacale. È stato il primo presidente della Provincia eletto direttamente dai cittadini, nel 1995, incarico poi confermato fino al 2004.

I fatti che hanno avuto per protagonisti  minori hanno mostrato che esiste una vera emergenza educativa.

Di chi sono figli questi ragazzi?

Falcinelli

Secondo me sono figli di adulti molto in crisi, di genitori, di insegnanti, ma anche di alcune istituzioni quali la Chiesa e gli enti politici. Educare significa elaborare un progetto che tenga conto di alcuni orizzonti di senso, mancando questi orizzonti di senso in modo chiaro, genitori e insegnanti si muovono a tentoni. Viviamo in una società complessa, alcuni sociologi l’hanno definita “modernità liquida”, per dire come non sia possibile oggi avere delle certezze. Ora, mentre un adulto ha le capacità per potersi orientare in un mondo incerto, i nostri ragazzi, indubbiamente fanno più fatica perché per crescere si ha bisogno di sperimentare la dipendenza da una guida sicura.

Gesualdi

Io credo che non sia l’emergenza la normalità. La normalità sono le famiglie che tirano su i nostri ragazzi come piccoli “ometti”, senza complessi e senza malinconie. Normalmente l’ambiente educa: nei paesi poveri i bambini sono costretti a diventare “ometti” prima del tempo, senza smorfie né pretese ma capendo i bisogni e le necessità. Lo stesso vale per le famiglie italiane, dove il padre è operaio, artigiano, o commerciante ed è costretto ad alzarsi la mattina presto, il ragazzo ha così un ottimo esempio. Come ha un bell’esempio dalla mamma che vive per farlo crescere, per farlo sbocciare. Questa è la normalità! L’emergenza  è un’eccezionalità.

Borgomeo

Secondo me c’è una eccessiva messa in evidenza di alcuni fatti di cronaca nera. Più volte ho visto il telegiornale della rai, il Tg1, aprire con il cosiddetto giallo di Garlasco. Nessuno contesta l’esigenza del diritto di cronaca, ma è evidente che c’è, tra virgolette, una “morbosità” eccessiva nel dare in pasto all’opinione pubblica fatti di tanta gravità. È evidente che tutto questo ripropone l’esigenza di una valutazione sulla situazione dei giovani di oggi, spesso protagonisti di questi eventi. Per cui mi sembra giusto parlare di una vera e propria emergenza educativa. Ma consentitemi anche per il lavoro che svolgo a tempo pieno  nell’Aiart che, genitori e scuola, sono stati espropriati del dovere e del diritto di educare, dai media. Oggi la principale agenzia “educativa” potremmo dire “diseducativa”  è la TV, e l’esposizione eccessiva dei minori e dei ragazzi ad essa produce effetti deleteri sulla loro formazione.

Coniugi Ciniglio

Sono figli di una società in cui mancano i veri modelli positivi di riferimento. Tutto è permesso, tutto è lecito in nome di una presunta libertà personale. Questo comporta inevitabilmente un grande relativismo. Il figlio non sa più distinguere il bene dal male, non è aiutato a comprendere quale comportamento è giusto e quale sbagliato.

Genitori e insegnanti sembrano incapaci di educare, anzi hanno rinunciato a farlo. Una vera diserzione. È davvero così?

Falcinelli

Io trovo che forse la parola “rinunciato” sia una definizione un po’ forte. Sicuramente entrambi vivono un momento di grave crisi educativa. Probabilmente avvertono anche un senso di inadeguatezza della proposta educativa che essi fanno rispetto a un orizzonte culturale in cui per esempio i media hanno uno spazio preponderante e in cui proprio quest’ultimi presentano modelli valoriali che sono assolutamente in contrasto con i modelli con cui la famiglia e la scuola si identificano. Quindi direi che hanno bisogno di essere fortemente sostenuti, sono scoraggiati, avvertono un senso di profonda impotenza.

Gesualdi

Io credo che i ragazzi hanno bisogno di punti di riferimento di alta statura morale. Le rispondo con un esempio: stiamo mettendo a posto con gli scout la scuola di Barbiana che costituisce l’eredità che don Lorenzo ci ha lasciati. L’altro giorno ho notato una ragazza di 17 anni che si dava da fare. E’ una ragazza che a casa non ha mai fatto cose del genere. Perché? Probabilmente perché la mamma invece di darle un grande ideale, la tutela e la incoraggia a cercare soltanto se stessa, ad avere una visione individualistica della vita. È importante l’obiettivo che diamo ai ragazzi.  La scuola d’altro canto ha difficoltà oggettive da superare. Il ragazzo sente che la cultura che gli dà la scuola si ferma sulla soglia della scuola, non entra nella società. È la cultura che gli dà la società si ferma sulla soglia della scuola. Io credo che sia giunto il momento di una grande riforma scolastica  che integri queste due culture e che dia al ragazzo obiettivi e percorsi che lo facciano camminare in modo autonomo nella vita.

Borgomeo

A mio avviso, la famiglia non è più in condizione di educare. Innanzitutto ci sono tante famiglie che sono segnate da divisione interne, quindi è difficile pensare che i genitori congiuntamente o il singolo genitore abbia tempo, capacità e cultura necessaria per formare. Poi i genitori sono messi in condizione di minoranza rispetto ad uno strumento come la TV che per quattro, cinque, sei ore al giorno, tiene inchiodato il minore. Che possibilità ha il genitore e l’insegnate di contrastare una massa così forte di formazione, di indicazioni, sui costumi, sui modi di ragionare, sui modi di comportamento, sui modi di vestire? Per quanto riguarda poi la scuola, dobbiamo considerare che un bambino quando va in prima elementare già ha incorporato cinque mila ore di televisione, e la televisione parla alla testa, parla alle viscere, coinvolge completamente e ci vuole una grande capacità da parte dell’insegnate, di distinguersi dai messaggi continui che la televisione manda.

Coniugi Ciniglio

Nella nostra esperienza, purtroppo, capita che sempre più spesso incontriamo genitori demotivati, che rinunciano a svolgere il loro ruolo educativo perché lo ritengono troppo impegnativo, e anziché preoccuparsi di “formarsi”, preferiscono la delega in bianco a scuola – parrocchia – mass media. Non esistono più “valori” ma una massificazione generale del pensiero che porta chiaramente e “conformare” ogni scelta, ogni atteggiamento, lo stesso linguaggio. In questo modo tutto è giustificato perché “così fan tutti”.

Educazione e autorità. Esiste un nesso oppure vi sono altre modalità per declinare la relazione educativa?

Falcinelli

La relazione educativa ha bisogno di un’autorità, essa è sempre una relazione asimmetrica in cui l’educatore necessariamente si pone in un atteggiamento di guida, di punto di riferimento rispetto all’educando, è chiaro che stiamo parlando di un’autorità educativa che ha trovato nei grandi pedagogisti una lettura importantissima. È un’autorità fondata sull’amore, è un’autorità fondata sul rispetto, non è esercizio gratuito di un potere parentale, ma è, invece, la consapevolezza di un adulto, genitore o insegnate che sia, di essere una guida, un punto di riferimento e, quindi, anche la necessità di negare dei comportamenti se questi sono considerati dall’educatore negativi per la crescita del soggetto. L’autorità dell’educatore si fonda sul volere il bene dell’altro.

Gesualdi

Il genitore e il maestro devono essere autorevoli. Perché il genitore e il maestro sono inizialmente più grandi del ragazzo: sanno di più, hanno studiato di più, hanno amato di più, hanno avuto più esperienza. È chiaro che devono saper trasmettere questo bagaglio di cultura, di valori e di esperienza che hanno. E dovranno essere anche capaci di vedere nel ragazzo il futuro uomo che dovrà camminare da uomo libero nel mondo e che dovrà essere capace di sapere cambiare questo mondo sbagliato. La difficile funzione del maestro è quella di fare in modo che il ragazzo oggi ubbidisca ad una posizione giusta del maestro, ma che domani diventi così grande da poter dire al maestro, al genitore o alla scuola: non mi servi più, riesco a camminare sulle mie gambe! Questo è il segnale che la scuola ha funzionato.

Borgomeo

Certamente l’autorità è necessaria ma quando il genitore abdica la propria funzione di educatore, o viene soppiantato per carenza culturale, per indisponibilità di tempo, nel suo ruolo formativo, è evidente che c’è più da parte del figlio la considerazione della capacità dell’adulto di poterlo aiutare. Perché le risposte ai problemi che ha, la soddisfazione delle sue esigenze, sul terreno della comunicazione avviene attraverso la televisione. Non starà più certamente a sentire la mamma che gli dice di fare questo o quell’altra cosa quando la TV, dalla mattina alla sera, direttamente o indirettamente, in modo qualche volta subliminale ti indica come si deve fare. E a questo punto è un’impresa straordinaria, “quasi eroica”, quella del genitore che costringe il figlio a leggere “criticamente” il messaggio che gli viene trasmesso.

Coniugi Ciniglio

Assolutamente no. Il problema è sicuramente di tipo educativo. È necessario che i genitori riacquistino il loro ruolo di testimoni coerenti. È assolutamente necessario comunicare la verità, ciò che è buono e ciò che non lo è, impegnandosi, il più possibile, a vivere quanto si comunica. Sorge però una domanda: i genitori hanno chiaro ciò che “è buono” e ciò che “non è buono”? La loro formazione è necessaria. Non si nasce genitori, non si improvvisa. Bisogna indicare orizzonti precisi. Nella nostra esperienza pensiamo che sia stato fondamentale partecipare a corsi di formazione e ancora prima avere come criterio nell’educazione delle nostre figlie il confronto continuo tra di noi. La voce unica nell’educazione.

Viene meno l’autorità genitoriale. È un fenomeno molto diffuso nel mondo occidentale. Il frutto malato di una cultura che ha smarrito Dio o l’esito inevitabile di cultura che esalta la libertà?

Falcinelli

Io penso di una cultura che esalta la libertà considerando la libertà come liberalismo estremo, nel senso che si può essere liberi nella misura in cui si può fare tutto ciò che si vuole e in relazione ad un parametro di giudizio che è assolutamente egocentrico. La libertà in funzione dell’ego, dell’io, un io male interpretato, perché sappiamo che poi l’io è tale nella misura in cui si sperimenta la relazione con un altro.

Gesualdi

Io credo che se uno legge il Vangelo ne rimane irrimediabilmente scioccato e scosso in modo positivo. Questo sia per quanto riguarda gli adulti sia per quanto riguarda i ragazzi. Non c’è personaggio al mondo che da duemila anni a questa parte, riesca ad essere estremamente tenero nel cuore e nello stesso tempo estremamente deciso nella ragione. La figura di Gesù come appare dai quattro Vangeli è una figura che è esattamente l’opposto rispetto alla figura che si indica oggi. Oggi si indica l’egoismo, la paura del prossimo, il vivere per fare carriera e non si indicano i grandi valori, quelli che ritroviamo nel vangelo. Io sono convinto che la mancanza di valori dipende anche dal fatto che c’è mancanza di Dio. Nel momento in cui la gente abbassa i valori, ha smarrito Dio.

Borgomeo

Forse potrei apparire come chi esagera, e mi ripeto ma la TV secondo me è il vero colpevole. Quello che mi sconcerta è che persone anche di una certa cultura e di un certo peso sottovalutino la gravità di questo problema. Un po’ per un atteggiamento di superbia intellettuale, come per dire che a me questo non mi tocca, nel senso che io ho capacità e conoscenze di cultura per superare il problema. I veri deboli sono i minori. È evidente che le situazione dilaga quando non ci sono argini, quando il minore viene abbandonato davanti alla TV perché la mamma ritiene che in quel modo possa essere libera di fare tante altre cose e molte volte ha anche ragione perché non sa come fare, ma si deve rendere conto che forse è molto meglio la sera far trovare una camicia non stirata ma aver evitato che un bambino abbia per tante ore assorbito messaggi negativi davanti alla TV.

Coniugi Ciniglio

Nell’educazione vi è sicuramente bisogno di autorevolezza, più che di autorità. Ma questa la si acquisisce sul campo, spendendo la propria vita in nome di ideali e scelte che danno senso alla vita stessa. Essa passa anche attraverso la comunicazione, il dialogo, lo stare accanto, l’accoglienza, ma anche attraverso la fermezza, al fine di demarcare le diverse linee di confine. Tra tutte pensiamo però che la testimonianza di vita e la coerenza tra i modelli che proponiamo e il modo in cui quotidianamente spendiamo la nostra vita sia fondamentale.

Il fenomeno della devianza minorile si allarga. Cosa fare?

È sufficiente aumentare le punizioni?

Falcinelli

La devianza è frutto di un disorientamento, di una difficoltà di un ragazzo a elaborare un progetto di vita ispirandosi ad alcuni valori. La punizione può essere solo un momento iniziale in cui, si fa percepire al minore il senso dell’errore. La negazione è importante, cioè io devo negare il comportamento sbagliato, in modo che il minore abbia la consapevolezza di una società che considera questo comportamento errore. Bisogna poi passare da una fase di educazione e di consapevolezza dell’errore ad un’espressione del senso di colpa su cui poi, intervenire con strategie riparative. Non basta punire, non basta chiudere i ragazzi in carcere, mi sembra così banale, così povera l’opzione della chiusura dei ragazzi in carcere, che è veramente stupido chi ne fa una bandiera e un elemento innovativo.

Gesualdi

Io credo che il problema non è la punizione. Se si allarga il fenomeno della devianza minorile bisogna fare in modo che il ragazzo sia educato a buoni ideali, è chiaro che se io indico al ragazzo un strada piccola, misera, di scarsi obiettivi, di egoismo, con queste coordinate il ragazzo risponde male e spesso si perde nella droga, usa violenza.  Tutto cambia se invece indichiamo al ragazzo degli ideali alti e diamo un buon esempio, perchè non ci deve essere mai frattura fra il pensare, il dire e il fare. Quando c’è frattura non ci può essere un buon educatore. Il ragazzo non ha bisogno di punizioni ma di essere portato a ragionare. Di per sé i valori sono già nell’interiorità di ogni ragazzo, basta far vibrare la giusta corda.

Borgomeo

C’è anche qui secondo me un collegamento tra la devianza e l’esposizione eccessiva a questi modelli.  Quando un giovane, sia attraverso delle immagini, sia attraverso la stessa pubblicità, viene continuamente stimolato ad essere bello, ad essere forte, ad essere violento, ad essere arrogante, secondo me, tutto questo finisce per determinare un modello al quale il giovane cerca di arrivare. Noi abbiamo fatto come Aiart, una raccolta di firme contro la violenza in TV, abbiamo raccolto oggi 130.000 firme e la porteremo a testimonianza al capo dello Stato in Ottobre, perché anche le Istituzioni ne prendano consapevolezza.

Coniugi Ciniglio

Nel Vangelo un giovane chiede a Gesù  “Maestro cosa devo fare per avere la vita eterna?”. E Gesù: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono”. La Parola di Dio è sicuramente riferimento sia per un orizzonte ideale, sia per la concretezza del vivere la vera libertà. Ciò che viene propugnato come libertà non fa altro che rendere l’uomo schiavo dei suoi istinti, delle sue passioni, e genera false libertà poiché non tiene conto né dell’altrui libertà, né del bene comune. Essere di Cristo invece rende liberi, liberi da se stessi per cercare il bene comune, l’amore che genera e sana ogni ferita.




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