Verso la santità, ogni giorno

intervista a cura di Giovanna Abbagnara

Nel matrimonio la santità incontra la quotidianetà. Diventano in questo modo strordinarie le cose più ordinarie. A introdurci in questa magnifica seppur reale visione è il Card. Saraiva Martins, attuale prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.

E’ possibile diventare santi nel matrimonio? Come si declina la chiamata alla santità nel matrimonio, nella famiglia dove ogni giorno bisogna fare i conti con l’ambiente lavorativo sempre più arrivista, con lo stipendio che non basta mai a fine mese, con una cultura che esalta l’indipendenza e la cura dell’io? Ma ancora di più è possibile percorrere come sposi la scalata verso la vetta?

Eppure nel battesimo tutti, laici e consacrati abbiamo ricevuto la stessa e identica chiamata a conformarci a Cristo, a diventare come Lui e quindi ad essere santi. Nella storia della Chiesa ritroviamo tanti esempi di persone sposate diventate sante: Santa Monica, san Tommaso Moro, santa Elisabetta D’Ungheria e tanti altri, ma una sola coppia di sposi, i coniugi Beltrame Quattrocchi saliti agli onori dell’altare nel 2001.

Nell’enciclica, Terzo Millennio Adveniente, Giovanni Paolo II chiedeva a tutta la Chiesa di adoperarsi per il riconoscimento dell’eroicità delle virtù di uomini e donne che hanno realizzato la loro vocazione cristiana nel matrimonio. Se e in che misura il suo invito ha trovato accoglienza nelle singole diocesi, lo abbiamo chiesto al cardinale Saraiva Martins, prefetto per la Congregazione delle Cause dei Santi.

Martins ha subito sottolineato che: “la santità non è un lusso di pochi, un privilegio di alcuni, ma un dovere in cui rientrano tutti i battezzati. Essere chiamato al battesimo, è essere chiamato alla santità, l’ha detto molto bene il papa stesso, Giovanni Paolo II, quando ha affermato che domandare ad un catecumeno: “Tu vuoi essere battezzato?” equivale a domandargli: “Tu vuoi essere santo?”. Tra i battezzati ovviamente la maggior parte sono persone sposate, quindi è urgente, oggi più che mai, sottolineare l’esigenza di una vera santità nell’ambito familiare. Perché gli sposi hanno non soltanto il diritto ma il dovere di predicare, annunciare la santità ai fratelli proprio nell’ambito della vita familiare”. La santità degli sposi è sicuramente meno visibile, molte volte è talmente nascosta che neanche le persone più vicine se ne accorgono.

Quali sono i segni eroici che permettono allora di riconoscere una santità all’interno del matrimonio? “Innanzitutto io vorrei dire che la santità non consiste nel fare cose straordinarie – risponde il cardinale– ma nel fare in modo straordinario le cose ordinarie della vita, in questo caso le cose della ferialità, della vita di ogni giorno. Inoltre gli sposi che sono buoni cristiani in pienezza sono testimoni per gli altri membri della comunità ecclesiale locale. Quindi la santità familiare non rimane del tutto nascosta, ma per sua stessa natura si fa vedere”. Oggi però la famiglia è attaccata su più fronti, in questo contesto cosa possono fare gli sposi? Il cardinale insiste con forza sottolineando la necessità che i cattolici, e soprattutto gli sposi cattolici, riaffermino con coraggio i valori della famiglia cristiana, li riaffermino vivendoli alla luce del sole. E aggiunge: “Non soltanto nell’ambito del focolare domestico ma anche fuori nell’ambito delle relazioni sociali, questo per me oggi è la cosa più importante se vogliamo eliminare in modo definitivo questi attentati contro la famiglia che è l’istituzione più importante della società, senza famiglia non c’è società. Avere delle famiglie modello di santità equivale ad avere dei modelli di umanità, perché io ripeto molte volte che la santità e l’umanità non sono in contrapposizione.

I grandi santi sono stati quegli uomini che hanno vissuto la loro umanità in pienezza, soprattutto donandosi totalmente agli altri. Prendiamo un esempio più moderno come quello di San Giovanni Bosco e quello che ha fatto per l’educazione della gioventù. Noi parliamo sempre dei valori umani e cristiani, io dico tutto ciò che è autenticamente umano è già genuinamente cristiano, e tutto ciò che è genuinamente cristiano è già autenticamente umano”.

Quale Prefetto per la Congregazione dei Santi, ha seguito molto da vicino la causa di beatificazione dei coniugi Beltrame-Quattrocchi, ad oggi sono l’unica coppia di sposi che ha raggiunto la gloria degli altari. Possiamo definire storica quella data, quali problemi però si incontrano nel definire la santità di una coppia di sposi? “Il problema maggiore, – risponde il cardinale – è il riconoscimento del miracolo per intercessione della coppia, in quanto secondo san Tommaso D’Aquino, un miracolo può essere attribuito solo ad una persona. Va bene ciò che dice San Tommaso, secondo la mia esperienza ma noi non possiamo fermarci a questo. Se io ammalato ho invocato tutte e due gli sposi, non possiamo dire che il miracolo è dell’uno o dell’altro”.

La memoria liturgica dei Beltrame-Quattrocchi si celebra nella stessa data delle nozze, cioè il 25 Novembre. Sarà sempre rispettata questa caratteristica? “Sicuramente sarà sempre così. È molto bello ricordarli nel giorno delle nozze, perché si vuole sottolineare in maniera indiretta, ma molto efficace, l’importanza del sacramento”. In genere per gli altri santi il giorno del ricordo è quello del trapasso, della morte, ma in questo caso non sarebbe stato possibile!  “Infatti, ma poi è un modo simbolico del sottolineare il loro amarsi in una nuova vita. Per adesso, però non ci sono modelli moderni di santità coniugale, oltre i Beltrame-Quattrocchi, anche se vorrei dire che c’è un’altra coppia che speriamo arrivi quanto prima alla fine del processo, i genitori di Teresina di Lisieux”.

Un’ ultima domanda la rivolgiamo sul valore teologico e pastorale che possiamo attribuire al riconoscimento della santità coniugale. “Quello teologico è evidente. Perché la famiglia è chiesa domestica, è una Chiesa in miniatura, quindi la spiritualità coniugale è una santità essenzialmente ecclesiale e comunitaria. Ogni santità dovrebbe essere così, perché ogni cristiano, e ancora di più quelli sposati, sono membri di una comunità. Poi pastoralmente bisogna insistere su questa ecclesialità, su questa natura comunitaria della spiritualità della santità degli sposi, e non individualmente ma come membri di quella chiesa domestica. Siamo una sola carne, non più due, ma una sola, ed è così che la santità si deve esprimere”.




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