Nella scuola con passione

Un’esperienza di 40 anni di insegnamento:limiti e pregi della scuola di ieri e di oggi.

L’esperienza di Felice Cajazzo, 40 anni di insegnamento, 30 vissuti presso l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente, in diverse sedi della provincia di Salerno. Sposato con un insegnante e padre di quattro figli tutti coinvolti nel mondo della scuola, oggi è in pensione con la nostalgia dell’ambiente scolastico, dei giovani, dei colleghi.

Nella scuola dei miei tempi eravamo abituati a stare di più al servizio, che a badare a tante cose come guardare l’orologio per scappare via. Durante il periodo dell’insegnamento ho fatto il dirigente, il professore e qualche volta pure il bidello. Negli anni 70 per portare questa scuola avanti c’era bisogno di energie al momento opportuno. Bisognava mettersi a lavorare e spendere il proprio titolo di studio non solo per motivi economici ma soprattutto per la formazione della persona. Questa libertà della persona, dai condizionamenti dell’ignoranza è fondamentale.

La scelta di insegnare

Ho fatto l’insegnante per passione. Purtroppo, con l’attuale crisi lavorativa per molti la scuola è un ripiego. E questo disagio anche professionale, comporta una difficoltà di rapporti anche all’interno della scuola, con l’alunno e con l’Istituzione. L’amore per il proprio lavoro è la premessa per una sana e buona relazione con i giovani. Ricordo che un anno per i ragazzi pluribocciati, la mia scuola organizzò dei corsi di recupero, i corsi “Office”, per pochi mesi mi sono occupato di questi ragazzi, la fatica più grande è stata conquistarsi la loro fiducia sul piano personale, prima ancora che sul piano delle conoscenze didattiche, puntare sul recupero dell’entroterra umano, sul valore del rapporto personale. Su questi aspetti, la scuola di oggi, con le riforme attuali, non ci aiuta molto. La struttura non favorisce questo dialogo. Vi sono griglie, obiettivi da raggiungere, tutto un incasellamento che impedisce il dialogo umano. La freddezza di questo rapporto non sempre giova. Io ricordo che una volta agli esami di Stato ho dovuto promuovere una ragazza con 99/100, perché la matematica non ci ha consentito di darle un voto in più. Questo ci dice prevale il saper fare e non il saper essere.

Il  rapporto con gli studenti

Ho avuto sempre un bel rapporto con gli studenti. Anche quelli più “discoli”, che non volevano studiare, non volevano far niente, non mi sono mai rassegnato a pensare che fossero del tutto negativi, e che non ci fosse niente di positivo in loro. Mi sono dovuto sforzare per capire di più, per capire meglio, ho mandato la classica letterina ai genitori per collaborare, ho chiesto interventi di psicologi. Ci sono stati soggetti difficili, però ci sono anche degli ausili, delle competenze specifiche, che se attivate aiutano. Magari non a risolvere immediatamente il problema ma in prospettiva aiutano. Certo sono stato fortunato a trovare la disponibilità di questi sussidi, perché ho avuto anche esperienze negative. Qualche genitore, ha delegato eccessivamente la scuola: “ve la dovete vedere voi, io che ci posso fare, io vado a lavorare”. Per quanto mi è stato possibile ho sempre cercato di mettercela tutta e di fare fino in fondo la mia parte.

Il bullo in classe

Mi è capitato di dover affrontare episodi di bullismo. Ho sempre cercato di avvicinare i ragazzi  mediante il dialogo per capire a fondo il problema. Molti si sono aperti, perché si sono sentiti capiti. Ascoltarli, capirli significava diminuire, smorzare la carica di odio che si andava accumulando verso le strutture, la scuola, la famiglia. E’ questa ribellione montante, che bisogna assolutamente sedare. Non con la violenza ma con il dialogo, la persuasione, la capacità di far capire ai giovani che gli si vuole bene. Noi spesso non ci accorgiamo della sensibilità dei nostri ragazzi, dei giovani di oggi, i quali mascherano la loro sensibilità perché hanno paura che noi la calpestiamo. Si sentono incompresi, si alienano e dilagano nella droga, nel bullismo, nella violenza. E’ tutta una questione di frattura generazionale. Un professore deve saper cogliere. Il professore è il professionista di queste cuciture, di questa comprensione del problema.

I colleghi

I consigli di classe, i collegi docenti sono sempre stati un occasione di scambio, verifica e crescita per me. Quando si crea stima reciproca, si va d’accordo, anche se ci sono iniziative didattiche non condivise. Se l’obiettivo finale era il raggiungimento del bene dello studente diveniva tutto molto facile. Se invece si puntava  alla verifica di alcune competenze acquisite e non alla totalità della realizzazione della persona, le cose diventavano più complicate.




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