Matrimonio e verginità: riflessi di un’unica luce

di don Francesco Pilloni

Il matrimonio e la verginità vanno letti insieme, alla luce del mistero di Cristo. Esse sono infatti due realtà relative al mistero di Cristo e traggono da esso la loro luce e la loro verità. E’ un approccio insufficiente e debole considerarli a se stanti o, peggio, opporli. I padri lo sapevano bene. Sant’Agostino (cfr. De sancta virginitate 19; Retract. 2,22) tiene sempre legati i due stati di vita nel suo insegnamento e così Sant’Ambrogio (De virginitate 34, De viduis, 16). Anche Giovanni Crisostomo (De virginitate 9-10) rileva che i due stati di vita non sono in opposizione, ma hanno eguale cittadinanza nella Chiesa poiché riferiti entrambi al mistero di Cristo. Gregorio, vescovo di Nissa ed autore di un austero trattato sulla verginità, ricorda che la lode della verginità non è a discapito del matrimonio (De virginitate 7)

E Cristo infatti che unisce a sé nell’amore ogni persona umana. Egli che ha preso la nostra carne, condividendo in tutto la nostra natura umana tranne che nel peccato (cfr. Eb 4,15), ha vissuto interamente come persona umana. Gesù ha vissuto l’intero arco dell’amore umano. E’ nato figlio secondo la nostra natura (cfr. Mt 2,1; Lc 2,6-7). Non ha voluto imporsi ma riceversi, poiché così è la nostra natura ((LEONE MAGNO, Sermoni del Natale disc. VI 36,1-2). Chi nasce figlio riceve la propria identità da un amore che lo precede e lo fonda. Questo è inscritto nella nostra natura umana e ci rimanda non solo ai nostri genitori, tramite i quali viviamo questa accoglienza di noi stessi e di ciò che in realtà siamo, ma a Dio stesso, che è la sorgente della vita e dell’essere. Lui è il Padre, da Lui riceviamo la vita e il respiro (cfr. Gb 33,4; 34,14-15; Dn 5,24), di Lui siamo figli (cfr. Rm 8,14-17; Gal 3,26). Questa vita può dunque compiersi in ordine al progetto originario che vive inscritto in sé. Ogni altro progetto che non tenga conto di questo è destinato a disorientare e far fallire la vita.

Nasciamo dunque figli ed orientati all’amore. All’amore che è Dio (cfr. 1 Gv 4,8.16). E portiamo inscritta questa chiamata all’amore in tutta la nostra persona, che è fin dall’origine di uomo o di donna (cfr. Gn 1,27). Anche Gesù ha camminato questa strada ed ha vissuto l’amore personale di un uomo. Verso i genitori, i parenti, gli amici, i discepoli. E poiché in lui vive il Figlio del Padre, il Verbo eterno dell’amore, è in questo modo divino che egli vive l’interezza della sua umanità Egli si dona come sposo dell’umanità. Quell’umanità per la quale ha lasciato il seno del Padre (cfr. Gv 1,18) per unirsi alla natura umana (1,14) ed ora, nella sua persona, unire a sé ogni altra persona.

Il dono eucaristico che Cristo fa di se stesso è il dilatarsi della propria persona umana, in forza della sua specifica natura umano-divina, ad essere il luogo personale in cui ogni amore può compiersi, poiché in lui vive e si esprime l’Agape di Dio. In lui Figlio, il Padre ama gli uomini nello Spirito santo. Gesù incarna la totalità dell’amore trinitario come Figlio-Sposo. Il suo corpo è per tutti e così il suo sangue (cfr Mt 26,28; Mc 14,24; Lc 22,20). La sua anima, interiorità, vita personale è per tutti, come il suo corpo. Gesù non ha trattenuto nulla per sé, ma ha compiuto la verità e la suprema possibilità dell’amore donando la sua persona perché diventi il luogo in cui ogni persona umana può trovare la pienezza dell’amore. Un amore che non solo si dona, ma che anche unisce e coinvolge e che quindi è un amore sponsale.

La croce dice la verità storica ed fisica di questo amore che è dono. Ne dice il prezzo di sangue. La risurrezione compie questo dono, quando lo Spirito Santo, che già aveva consacrato Gesù nella storia come il Figlio nel seno del Padre, in certo modo “esplode” nell’umanità di Cristo divinizzandola e rendendola interamente partecipe della divinità. E’ in questa umanità crocifissa e risorta che noi troviamo e viviamo la pienezza dell’amore. Non vi è altro amore che sia degno di questo nome in misura eguale a questo dono.

E proprio sulla croce Gesù compie la pienezza della sua umanità universale, se così posso esprimermi, sia pure con qualche arditezza. Poiché è sulla croce che egli si dona in pienezza, generando la propria alterità, la Chiesa. Come Adamo vide la generazione della propria alterità nel sonno estatico inviatogli da Dio (cfr. Gn 2,22-23) così Cristo apre il proprio fianco, come già Adamo, per generare la sua sposa (cfr. Gv 19,33-34). E’ la Chiesa nell’acqua e nel sangue scaturiti dal suo cuore, cioè dall’infinito amore di Gesù interamente donato (vedi ad esempio AGOSTINO, En. in Ps. 138,2). La sua morte è la morte regale dell’amore nella quale l’alterità della comunione è generata. E’ l’alterità infinita di tutti gli uomini di ogni tempo e di ogni storia: è la Chiesa. L’acqua il sangue e lo spirito la costruiscono e la realizzano, la fondano e la glorificano (vedi GIOVANNI CRISOSTOMO, Catéchèse baptismale I,16 SC 50). Queste sono le Nozze, le Nozze di sangue dell’Agnello già iniziate che troveranno il loro definitivo compimento nelle Nozze eterne (cfr. Ap 19,6-8).

Questa è la novità che dà al matrimonio ed alla verginità la loro verità e la loro luce. Sono le Nozze del Verbo incarnato ormai definitivamente compiute. Chi si orienta a lui si orienta nella totalità di un amore divino ed assoluto, capace di anticipare nel mistero di una vita verginale l’intero orizzonte dell’amore eterno, per quanto possibile nella storia. Cristo unico amore ed unica Sposo genera dunque le persone vergini che, totalmente orientate a lui nell’amore, sperimentano nella propria persona, nella grazia dello Spirito santo, la possibilità di vivere uniti a Cristo in un amore indissolubile, casto e fecondo nello Spirito Santo (cfr AGOSTINO Sermo 191, 3-4). Il piano spirituale compie ormai quello carnale secondo il disegno di Dio. E’ la grazia della verginità. Non un obbligo legale di celibato, non una ascetica o stoica rinuncia, ma un umano compimento, che rende partecipi ad un tempo della croce e della gloria del Signore risorto. La carne, l’umanità, ne appare trasfigurata da una grazia divina e delicata, forte e umile. Ascetismo e orgoglio minacciano l’autentica verginità. Essa scaturisce dall’incontro d’amore con Cristo, si nutre di esso e tende incessantemente alla pienezza. Non solo ricorda che oltre l’amore umano c’è qualcosa di più grande, ma ricorda che l’amore trova la sua pienezza solo nell’amore, in un incessante dilatarsi della persona umana all’esperienza di Dio.

E parimenti il matrimonio, che già è stato donato all’alba della creazione, appare ora ri-creato e redento (si rilegga la Catechesi 97 del Servo di Dio GIOVANNI PAOLO II sull’amore umano). Esso ha rinunciato a se stesso quando con il peccato originale si è sottratto all’amore eterno, ripiegandosi su di sé (cfr. Gn 3). Creato specchio dell’amore divino esso ha voluto conoscere la tenebra, nell’esperienza “del bene ed il male”, nell’ebbrezza dell’esperienza dell’atto della libertà assoluta. Ma la libertà, creata per l’amore, non può che compiersi nell’amore. La libertà dell’uomo e del suo amore sono come specchio dell’amore di Dio. Uno specchio vive della luce e se, potendo scegliere, scegliesse di non riflettere la luce, ma qualcosa d’altro, sperimenterebbe la tenebra. Invece nella luce ogni oggetto prende forma e vita. L’amore umano doveva essere dunque riscattato e ritrovare la sua via. Ora che le Nozze del Verbo incarnato sono compiute all’uomo è aperto il cammino per realizzare la verità della propria natura, del proprio essere comunità umana di amore, specchio dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Solo ora si apre la verità sorgente della novità che illumina la creazione. Uomo e donna sono partecipi del mistero di Cristo e della Chiesa (cfr. Ef 5,21-33), in Cristo essi vivono il proprio amore personale, che è amore interpersonale, totalmente rivolto a Dio. Questa è la santità del matrimonio, che diviene “sacramento” del mistero che lo fonda: l’amore di Cristo e della Chiesa (AGOSTINO, De nuptiis et concupiscentia, I,21; AMBROGIO, In Luc. 8,9). Da qui, da queste nozze proviene quella radicalità cristiana sull’amore, per la castità di esso, per la custodia, del talamo, per la sua unicità ed indissolubilità, per la su intima e coessenziale fecondità.

Verginità e Matrimonio compiono dunque la sponsalità della persona umana nella sua pienezza, orientando l’interezza dell’amore umano a Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa. Due colori di un’unica luce, due cammini di una sola verità: Deus caritas est.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.