La scuola dell’autonomia

Maurizio Salvi, presidente nazionale dell’Associazione italiana Genitori (AGe), da quarant’anni impegnata sul fronte dell’emergenza educativa, con 200 sedi sparse in tutta Italia e membro del Forum delle associazioni dei genitori all’interno del Ministero della Pubblica Istruzione, intervistato per questa rivista, individua le cause che possono spiegare la situazione della scuola oggi e i possibili interventi propositivi.

Un patto educativo tra gli educatori

Il presidente Salvi è convinto che nella nostra società complessa i fatti di cronaca che riguardano la scuola evidenziano la responsabilità che ha la società di tutelare i minori. Le nuove agenzie educative: televisione, internet, giochi elettronici sono i primi imputati del comportamento dei ragazzi. “Il nostro compito – dice Salvi – è quello di riproporre, ricreare un patto educativo fra gli educatori e soprattutto cercare di trovare una soluzione con il garante delle comunicazioni, per garantire ai minori protezione. Gli atti di bullismo non si svolgono solo nella scuola, ma nella scuola fanno più effetto, e perciò fanno notizia. Questa lettura  però non ci esime dal riconoscere che nell’attuale situazione c’è l’urgenza di  recuperare quella che è la responsabilità della famiglia da una parte,e  la responsabilità degli insegnanti dall’altra, e quindi stabilire  un patto tra gli educatori per prevenire queste forme”.

Non un problema di correzione  ma di corresponsabilità. Quando si parla di bullismo, di violenza siamo tutti responsabili. La famiglia perché non è stata in grado di cogliere il motivo per cui il ragazzo diventa violento e la scuola perché, a volte maschera o minimizza e non ha il coraggio di invitare i genitori, di parlarne insieme e di trovare una soluzione. “Se il genitore non se ne accorge – spiega Salvi – se ne dovrebbe accorgere la scuola, il dirigente scolastico in primis dovrebbe far intervenire non il solo genitore del bullo ma tutti i genitori di quella classe perché è un lavoro che bisogna fare insieme”.

I progetti educativi

Oltre l’autonomia della scuola, la riforma ha ridefinito il ruolo educativo della scuola, in quanto grazie ad essa non si è parlato più di partecipazione ma di cooperazione del genitore all’interno di essa, e laddovè si sono realizzate forme di partnership e di progetti in comune tra genitori e docenti si sono visti risultati e benefici, soprattutto per gli studenti. “Però – precisa Salvi – ci sono ancora molte scuole che sono arroccate su quelle che sono tra virgolette le abitudini. Al Nord c’è stato un maggiore adeguamento alla riforma da parte dei docenti, mentre il Sud è sempre stato un pò penalizzato anzitutto per i problemi strutturali delle scuole stesse e in secondo luogo per gli stati di disagio, che già abitudinariamente, si trovano in determinate posti del Sud. Attualmente vi sono diversi progetti in atto, lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione in collaborazione con la nostra associazione e con altre due associazioni,  ha messo a punto momenti di prevenzione e formazione, sia per i genitori che per gli insegnanti, soprattutto per aiutare i ragazzi ad essere educati all’uso corretto dei media, è nato così il progetto TELEDUCHIAMOCI, gestito dal Ministero della Pubblica Istruzione insieme alla Rai in nove regioni di Italia,  il progetto ha l’obiettivo di far conoscere al ragazzo la differenza tra il mondo virtuale e il mondo reale, una differenza spesso misconosciuta e con conseguenze devastanti sul piano del loro comportamento”.

L’osservatorio regionale

Per diminuire gli atti  di violenza e di bullismo che si verificano anche all’interno della scuola si è creato un osservatorio regionale, in cui sono raccolte le segnalazioni di questi atti. L’osservatorio è gestito dal Ministero della Pubblica Istruzione a livello generale, mentre a livello regionale è gestito dalla direzione generale della scuola. “E’ attivo dall’inizio dell’anno, – spiega Salvi – si stanno facendo i primi incontri, le prime osservazioni, per poi in base alle rilevazioni fatte,  poter fare dei progetti ad hoc per ogni episodio ed intervenire su queste forme di bullismo. Inoltre è stato creato un numero verde attraverso il quale genitori, insegnanti e studenti stessi possono segnalare e avere notizie su quello che si  sta facendo. Ovviamente dopo questa prima fase dovranno essere collegati anche gli enti locali e le province e quindi far intervenire le ASL e quindi gli uffici già predisposti a questo. Tutto questo perché ci sia un collegamento unico, una sinergia di lavoro condiviso e programmato”.

Il ruolo dell’insegnante

In questi ultimi decenni sempre meno maestro e sempre un pò più in crisi, l’insegnante sembra aver smarrito la sua funzione: dal compito di educatore al semplice compito di insegnante. È ancora vivo il ricordo della maestra elementare che mentre insegnava rispondeva anche ai perché della vita e quindi non poco incideva nell’educazione dello scolaro. “La scuola italiana – dice Salvi –  ha avuto dei momenti in cui si parlava solo di istruzione e non più di educazione. È stato recuperato il discorso, anche a livello europeo, con la parola formazione e cioè: educare e nello stesso tempo anche istruire, trasferire le nozioni. Molti insegnanti non hanno percepito questa differenza. Sebbene i programmi ministeriali prevedono che l’insegnante sia preparato culturalmente ma soprattutto pedagogicamente. Sono molti gli insegnanti – precisa Salvi – che si avvicinano alla scuola perché non trovano posto nell’industria, sono preparatissimi sul piano professionale ma mancano proprio della capacità di saper trasferire la loro materia, di mettere in condizione i ragazzi di apprendere in maniera facile, ma soprattutto  manca la parte umana, cioè il saper trasferire i perché della vita, il vedere in ogni ragazzo e in ogni ragazza quel cittadino o quella cittadina che dovrà diventare. Io penso che questa sia la sfida più grande.  D’altra parte la vita dell’insegnante in classe non è certamente facile, la mancanza di educazione di base – conclude Salvi – dovuta ad una mancanza di autoritarismo da parte del genitore stesso, l’assenza di limiti e di rispetto delle regole è chiaro che rende complesso il lavoro dell’insegnante”.

I genitori

Ci sono due tipi di genitori, il genitore che si interessa della vita del ragazzo e vuole una formazione completa e quindi considera l’opera del docente. E poi ci sono genitori che guardano esclusivamente al profitto. Il meglio per il proprio figlio ovviamente  non è solo il profitto ma l’aspetto formativo nel suo complesso. Il  rapporto scuola- famiglia deve  essere di un certo tipo, con doveri e diritti reciproci, nel rispetto delle competenze e dei ruoli diversi. Noi dobbiamo – precisa Salvi – invece ricostruire un rapporto continuativo nei confronti delle famiglie a scuola perchè ci sia una reciproca comprensione, un aiuto reciproco, co-educatori verso un fine che sono i ragazzi. Il genitore non dovrebbe vedere in una scuola, in una classe, il proprio figlio; dovrebbe vedere una classe che va bene con all’interno anche il proprio figlio.

Maurizio Salvi, presidente nazionale dell’Associazione italiana Genitori (AGe), da quarant’anni impegnata sul fronte dell’emergenza educativa, con 200 sedi sparse in tutta Italia e membro del Forum delle associazioni dei genitori all’interno del Ministero della Pubblica Istruzione, intervistato per questa rivista, individua le cause che possono spiegare la situazione della scuola oggi e i possibili interventi propositivi.

Un patto educativo tra gli educatori

Il presidente Salvi è convinto che nella nostra società complessa i fatti di cronaca che riguardano la scuola evidenziano la responsabilità che ha la società di tutelare i minori. Le nuove agenzie educative: televisione, internet, giochi elettronici sono i primi imputati del comportamento dei ragazzi. “Il nostro compito – dice Salvi – è quello di riproporre, ricreare un patto educativo fra gli educatori e soprattutto cercare di trovare una soluzione con il garante delle comunicazioni, per garantire ai minori protezione. Gli atti di bullismo non si svolgono solo nella scuola, ma nella scuola fanno più effetto, e perciò fanno notizia. Questa lettura  però non ci esime dal riconoscere che nell’attuale situazione c’è l’urgenza di  recuperare quella che è la responsabilità della famiglia da una parte,e  la responsabilità degli insegnanti dall’altra, e quindi stabilire  un patto tra gli educatori per prevenire queste forme”.

Non un problema di correzione  ma di corresponsabilità. Quando si parla di bullismo, di violenza siamo tutti responsabili. La famiglia perché non è stata in grado di cogliere il motivo per cui il ragazzo diventa violento e la scuola perché, a volte maschera o minimizza e non ha il coraggio di invitare i genitori, di parlarne insieme e di trovare una soluzione. “Se il genitore non se ne accorge – spiega Salvi – se ne dovrebbe accorgere la scuola, il dirigente scolastico in primis dovrebbe far intervenire non il solo genitore del bullo ma tutti i genitori di quella classe perché è un lavoro che bisogna fare insieme”.

I progetti educativi

Oltre l’autonomia della scuola, la riforma ha ridefinito il ruolo educativo della scuola, in quanto grazie ad essa non si è parlato più di partecipazione ma di cooperazione del genitore all’interno di essa, e laddovè si sono realizzate forme di partnership e di progetti in comune tra genitori e docenti si sono visti risultati e benefici, soprattutto per gli studenti. “Però – precisa Salvi – ci sono ancora molte scuole che sono arroccate su quelle che sono tra virgolette le abitudini. Al Nord c’è stato un maggiore adeguamento alla riforma da parte dei docenti, mentre il Sud è sempre stato un pò penalizzato anzitutto per i problemi strutturali delle scuole stesse e in secondo luogo per gli stati di disagio, che già abitudinariamente, si trovano in determinate posti del Sud. Attualmente vi sono diversi progetti in atto, lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione in collaborazione con la nostra associazione e con altre due associazioni,  ha messo a punto momenti di prevenzione e formazione, sia per i genitori che per gli insegnanti, soprattutto per aiutare i ragazzi ad essere educati all’uso corretto dei media, è nato così il progetto TELEDUCHIAMOCI, gestito dal Ministero della Pubblica Istruzione insieme alla Rai in nove regioni di Italia,  il progetto ha l’obiettivo di far conoscere al ragazzo la differenza tra il mondo virtuale e il mondo reale, una differenza spesso misconosciuta e con conseguenze devastanti sul piano del loro comportamento”.

L’osservatorio regionale

Per diminuire gli atti  di violenza e di bullismo che si verificano anche all’interno della scuola si è creato un osservatorio regionale, in cui sono raccolte le segnalazioni di questi atti. L’osservatorio è gestito dal Ministero della Pubblica Istruzione a livello generale, mentre a livello regionale è gestito dalla direzione generale della scuola. “E’ attivo dall’inizio dell’anno, – spiega Salvi – si stanno facendo i primi incontri, le prime osservazioni, per poi in base alle rilevazioni fatte,  poter fare dei progetti ad hoc per ogni episodio ed intervenire su queste forme di bullismo. Inoltre è stato creato un numero verde attraverso il quale genitori, insegnanti e studenti stessi possono segnalare e avere notizie su quello che si  sta facendo. Ovviamente dopo questa prima fase dovranno essere collegati anche gli enti locali e le province e quindi far intervenire le ASL e quindi gli uffici già predisposti a questo. Tutto questo perché ci sia un collegamento unico, una sinergia di lavoro condiviso e programmato”.

Il ruolo dell’insegnante

In questi ultimi decenni sempre meno maestro e sempre un pò più in crisi, l’insegnante sembra aver smarrito la sua funzione: dal compito di educatore al semplice compito di insegnante. È ancora vivo il ricordo della maestra elementare che mentre insegnava rispondeva anche ai perché della vita e quindi non poco incideva nell’educazione dello scolaro. “La scuola italiana – dice Salvi –  ha avuto dei momenti in cui si parlava solo di istruzione e non più di educazione. È stato recuperato il discorso, anche a livello europeo, con la parola formazione e cioè: educare e nello stesso tempo anche istruire, trasferire le nozioni. Molti insegnanti non hanno percepito questa differenza. Sebbene i programmi ministeriali prevedono che l’insegnante sia preparato culturalmente ma soprattutto pedagogicamente. Sono molti gli insegnanti – precisa Salvi – che si avvicinano alla scuola perché non trovano posto nell’industria, sono preparatissimi sul piano professionale ma mancano proprio della capacità di saper trasferire la loro materia, di mettere in condizione i ragazzi di apprendere in maniera facile, ma soprattutto  manca la parte umana, cioè il saper trasferire i perché della vita, il vedere in ogni ragazzo e in ogni ragazza quel cittadino o quella cittadina che dovrà diventare. Io penso che questa sia la sfida più grande.  D’altra parte la vita dell’insegnante in classe non è certamente facile, la mancanza di educazione di base – conclude Salvi – dovuta ad una mancanza di autoritarismo da parte del genitore stesso, l’assenza di limiti e di rispetto delle regole è chiaro che rende complesso il lavoro dell’insegnante”.

I genitori

Ci sono due tipi di genitori, il genitore che si interessa della vita del ragazzo e vuole una formazione completa e quindi considera l’opera del docente. E poi ci sono genitori che guardano esclusivamente al profitto. Il meglio per il proprio figlio ovviamente  non è solo il profitto ma l’aspetto formativo nel suo complesso. Il  rapporto scuola- famiglia deve  essere di un certo tipo, con doveri e diritti reciproci, nel rispetto delle competenze e dei ruoli diversi. Noi dobbiamo – precisa Salvi – invece ricostruire un rapporto continuativo nei confronti delle famiglie a scuola perchè ci sia una reciproca comprensione, un aiuto reciproco, co-educatori verso un fine che sono i ragazzi. Il genitore non dovrebbe vedere in una scuola, in una classe, il proprio figlio; dovrebbe vedere una classe che va bene con all’interno anche il proprio figlio.




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