Il miraggio di una vita migliore

di Carmela Memoli

”Sono circa le otto del mattino, siamo tutti nella sala da pranzo per la colazione ma stranamente Karim non è ancora sceso. Chiedo a mio fratello se l’avesse visto in camera, e lui risponde che era ancora a letto. Corro su per le scale, chiamo a gran voce Karim ma lui non mi risponde. Apro la porta della sua stanza, e lui non c’è, il letto disfatto, il pigiama sulla sedia, il suo pallone è ancora sotto il letto, lo chiamo ancora, ma nessuna risposta. In pochi secondi tutta la nostra casa è in subuglio, i ragazzi che lo cercano in cortile, noi che cerchiamo in tutta la casa. Ma di Karim nessuna traccia. È scomparso nel  nulla”. Questa breve testimonianza narra la conclusione drammatica di un’accoglienza di un bambino marocchino affidato ad una famiglia, dopo essere stato trovato a vendere fazzoletti ad un semaforo di un paese del Mezzogiorno. E’ la storia di tanti minori che arrivano in Italia con o senza la loro famiglia, alla ricerca di una vita migliore, ma spesso, come ben sappiamo, trovano soltanto sfruttamento e violenza. Il numero sempre in aumento di minori stranieri presenti in Italia obbliga a dare risposte adeguate ai tanti bisogni che emergono dalle storie e dai vissuti di questi bambini e ragazzi. Spesso i minori stranieri che si trovano in condizioni di abbandono vengono accolti in strutture di accoglienza, mentre poco praticato è l’affido familiare sia in famiglie italiane che straniere della stessa etnia. I problemi da affrontare sono diversi:l’inserimento in nuovi contesti non solo sociali ma anche culturali, il nuovo stile alimentare, l’inserimento a scuola e nell’ambiente circostante.

A tal proposito il CNSA (Il Coordinamento Nazionale Servizi Affido) offre un documento relativo al tema dell’affido familiare di minori stranieri. Questo documento si  sofferma  ad analizzare la questione dei minori stranieri residenti con famiglia e minori stranieri non accompagnati. Ci si interroga su quali  difficoltà a proporre ed avviare percorsi di affidamenti familiari? Quali le difficoltà a reperire famiglie idonee all’accoglienza? Tutti i progetti di affido che riguardano gli stranieri non possono prescindere dalla conoscenza delle differenze culturali e religiose e dalla collaborazione che si potrebbe attivare con le varie etnie coinvolte. Le esperienze avviate in questi anni sono limitate, tuttavia ve ne sono alcune, avviate a titolo sperimentale, che introducono elementi di innovazione. Tra questi, l’affido a famiglie della stessa etnia del minore (affido omoculturale). Ma è necessaria una grande azione di sensibilizzazione che ha come finalità informare dell’affido quale risorsa per rispondere ai diversi problemi di cura e di accudimento dei minori stranieri.  In tale fase la collaborazione con associazioni (già conosciute e riconosciute dalle diverse etnie quali risorse di informazione e integrazione sociale), favorirebbe notevolmente l’approccio con le differenti etnie e l’attenuarsi della diffidenza nei confronti del Servizio pubblico consentendo di poterlo riconoscere sia come risorsa nei momenti di difficoltà sia come catalizzatore delle disponibilità solidali nei confronti di minori in difficoltà. Anche per quanto riguarda la ricerca di disponibilità di famiglie italiane per l’affidamento di minori stranieri (affido eteroculturale), non si può prescindere da una informazione circa i valori di riferimento e le differenze culturali e religiose cui siano partecipi tutti i componenti del nucleo affidatario, anche i figli adolescenti o giovani adulti.

Obiettivi dei percorsi informativi e formativi, sia per l’affido omoculturale che per quello eteroculturale, rimangono la conoscenza reciproca e lo scambio culturale, nonché la sollecitazione alla solidarietà. Le radici culturali connotano le modalità relazionali e gli stili di vita: comprenderli agevola la comunicazione. Punto nodale che richiede un dispiegamento di forze è quello relativo, quindi, alla fase della sensibilizzazione all’interno dei gruppi etnici, che si può vedere articolata in:

– dare informazione e diffondere conoscenza sui servizi e sui punti valoriali rispetto alla protezione e cura del minore (es. no sfruttamento minorile, …);

– sviluppare sensibilità e disponibilità all’affido.

Dalla disponibilità espressa da famiglia o singolo, il percorso metodologico operativo tra affido di minori italiani e stranieri è identico (valutazione, abbinamento, sostegno, diritti e doveri della famiglia affidataria), come pure l’attivazione delle varie tipologie di affido (residenziale, diurno, fine settimana e vacanze). Le famiglie italiane disponibili all’affido di minori stranieri debbono avere particolari caratteristiche e competenze, oltre a quelle richieste per l’affido di ragazzi italiani: essere saldi sui propri modelli di riferimento ma capaci di accettare e riconoscere la diversità (non andare in crisi perché vengono messi in discussione o contrastati i propri modelli culturali…) disponibilità ed interesse a conoscere e confrontarsi con modelli culturali diversi dai propri, che costituiscono comunque una “ricchezza”, mediandoli all’interno della quotidianità.

Altra questione si apre per i minori stranieri non accompagnati per i quelli è necessario trovare un “inserimento assistito” nella nostra realtà rispetto all’età e alle motivazioni che li hanno indotti alla “fuga” in Italia e si può quindi ipotizzare un “affido educativo” a famiglie o a single, sia italiani che stranieri. Per affido educativo si intende, in questo contesto, un’accoglienza in cui sia meno approfondito il versante del “pensato” sulla storia del minore, sulla sua famiglia di origine ed invece maggiormente ampliato l’aspetto dell’accompagnamento concreto, che comprende un’azione di “tutoraggio” unita a una esperienza di “familiarità”; si può immaginare una esperienza più intensa di ospitalità familiare, ma non un affido canonico.




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