E la legge cosa dice?

di Mariano Iavarone

Aspetti tecnico-giuridici dell’affido di minori stranieri.

L’art. 37-bis della l. 184/83 stabilisce che al minore straniero in stato di abbandono si applica la legge italiana in materia di affidamento. Ma vi sono numerosi aspetti che restano problematici, in parte a causa della scarsa chiarezza normativa, in parte a causa dell’oggettiva complessità del fenomeno.

Questa situazione fa sì che vi sia una grave confusione e una fortissima disomogeneità sul territorio nazionale, tra diversi Tribunali per i minorenni, diversi Enti locali, diversi Giudici Tutelari.

Ad esempio, la prima confusione è su chi debba disporre l’affidamento. Il regolamento di attuazione della legge 476/98, D.P.R. 492/99 attribuisce al Comitato per i minori stranieri le competenze “concernenti l’ingresso, il soggiorno, l’accoglienza e l’affidamento temporanei e il rimpatrio assistito dei minori presenti per qualsiasi causa nel territorio dello Stato e privi di assistenza e rappresentanza”: non è chiaro quale significato abbia tale riferimento all’accoglienza e all’affidamento temporanei, e in particolare se implichi che i provvedimenti di affidamento nel caso di minori stranieri non accompagnati debbano essere disposti non dai servizi sociali o dal Tribunale per i minorenni, ma dal Comitato per i minori stranieri. Alcuni Tribunali per i minorenni si sono effettivamente espressi in questo senso, sostenendo di non essere più competenti a disporre provvedimenti d’affidamento di minori stranieri non accompagnati, in quanto la competenza sarebbe ormai esclusivamente del Comitato per i minori stranieri. E’ evidente, tuttavia, che un regolamento non può modificare una legge, e quindi sembra pacifico che i provvedimenti di affidamento debbano essere disposti, secondo le modalità previste dalla legge 184/83, dal Tribunale per i minorenni o dai servizi sociali.

Secondo terreno di scontro è la relazione tra il provvedimento di affidamento e la decisione sul rimpatrio. La circolare del Ministero dell’Interno del 9.4.2001 stabilisce che l’affidamento possa essere disposto solo dopo che il Comitato per i minori stranieri abbia deciso che il minore non può essere rimpatriato. Tuttavia questa ipotesi è insostenibile, in quanto la legge 184/83 attribuisce la decisione in merito all’affidamento del minore unicamente ai servizi sociali locali e al Giudice Tutelare (per l’affidamento consensuale) e al Tribunale per i minorenni (per l’affidamento giudiziale), ed evidentemente tale disposizione di legge non può essere modificata da una circolare. Nella vigente legge 184/83, dunque, il minore potrà essere affidato, anche prima che il Comitato per i minori stranieri decida in merito al suo rimpatrio o alla sua permanenza in Italia. Il discorso diventa più complesso se consideriamo appunto i presupposti dell’affidamento. Come abbiamo visto, il presupposto dell’affidamento è che il minore sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo. Si può sostenere che il minore straniero non accompagnato, per il solo fatto di trovarsi in Italia senza i genitori, si trovi “temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo”, e quindi che ricorrano pienamente i presupposti per disporre l’affidamento. Secondo altri, invece, per valutare se il minore sia “temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo” si dovrà rintracciare e prendere contatti con la famiglia nel paese d’origine e solo dopo che si sia verificato che tale famiglia non costituisce per il minore un ambiente familiare idoneo si potrà disporre l’affidamento.

Riteniamo quindi che nei casi in cui, in seguito alle indagini nel paese d’origine, la famiglia non venga rintracciata o non risulti idonea, il Tribunale per i minorenni o i servizi sociali possano senz’altro disporre l’affidamento prima che il Comitato decida in ordine al rimpatrio e, nel caso in cui il Comitato decida di disporre comunque il rimpatrio per riaffidare il minore alle autorità del paese d’origine, l’affidamento potrà essere disposto indipendentemente e in contrasto con la decisione del Comitato. In questo modo si evita che, dato che spesso passano molti mesi o addirittura anni prima che siano disponibili i risultati delle indagini nel paese d’origine, il minore resti per un lungo periodo senza che venga disposto alcun provvedimento di affidamento. Tutto ciò, ferme restando le posizioni che potranno essere assunte dal tutore il quale, rappresentando il minore, potrà fare ricorso avverso alle decisioni ritenute non a beneficio del minore.

Andrebbe inoltre chiarito quale debba essere il ruolo dell’affidatario nel procedimento in cui si decide tra accoglienza del minore in Italia o rimpatrio, e in particolare se – come sembrerebbe corretto in base alla definizione dei doveri dell’affidatario disciplinati dalla legge 184/83 – l’affidatario debba essere sentito. I due procedimenti – quello relativo all’affidamento e quello riguardante la decisione sul rimpatrio – dovrebbero quindi essere indipendenti: non ci sembra corretta, infatti, né la posizione secondo cui l’affidamento non può essere disposto se non dopo la decisione del Comitato per i minori stranieri, in quanto ciò costituirebbe una violazione della legge 184/83; né ci sembra corretta la posizione secondo cui, viceversa, una volta disposto l’affidamento non si deve procedere alla valutazione rigurdante il rimpatrio: la decisione tra rimpatrio e permanenza in Italia, infatti, è un procedimento nel superiore interesse del minore e non si vede perché il minore debba essere privato di tale diritto solo perché è stato disposto un affidamento.




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