Insieme si cresce

di Gianfranco Solinas

Confrontarsi, dialogare, mettere insieme esperienze d’accoglienza diverse ma nello stesso tempo vicine.Questo è il significativo obiettivo della rete “Bambini, ragazzi e famiglie del sud”.

In un tempo di crisi della pratica dell’affido, è saggio esercitarsi nella lettura dei punti di forza e di debolezza dell’accoglienza in famiglia, oltre ad analizzare le fragilità istituzionali e quelle del terzo settore.

In questi anni si è enfatizzata l’accoglienza familiare tout court, in alternativa all’accoglienza in istituto. Quest’ultimo è divenuto sinonimo di cattiva accoglienza, mentre la famiglia è stata indicata come luogo buono per definizione.

Più correttamente possiamo parlare di forza e debolezza dell’accoglienza in famiglia, fuori da ogni manicheismo.

Diverse sono le possibili manifestazioni di debolezza di un’accoglienza in famiglia.

La più ricorrente  ha  a che fare con lo stato di isolamento che normalmente vivono le famiglie che si mettono in gioco in una relazione diretta con i servizi pubblici preposti all’affido, senza vivere un’esperienza associativa. Normalmente parliamo di un isolamento subito; non è raro, però, il caso di un isolamento ricercato, motivato da atteggiamenti di autosufficienza.

Non meno rischiosa è l’accoglienza praticata nel segno della superficialità e dello scarso ascolto, all’insegna del motto “basta il cuore”. I bambini e ragazzi accolti in famiglie siffatte sperimentano il più delle volte un’affettività sregolata, un mancato accoglimento dei loro difficili vissuti, un prolungamento del loro stato di solitudine.

Anche un’accoglienza  che maturi in contesti associativi sovraccarichi di identità e di sicurezze può configurarsi come accoglienza debole, anche se offre di sé un’immagine forte. Famiglie di questo tipo saranno più facilmente portate ad attribuire le colpe dei fallimenti educativi alle famiglie di origine dei bambini accolti e riveleranno una maggior resistenza a riconoscere i loro limiti e le loro fragilità ed a maturare percorsi di vulnerabilità condivisa.

Non vanno sottovalutati, infine, quei comportamenti di occultamento delle difficoltà incontrate sul terreno dell’affido che sono dettati dalla paura di essere giudicati inadeguati e che rivelano atteggiamenti familiari ancora condizionati dal controllo sociale.

Il maggiore punto di forza dell’accoglienza in famiglia sta in un ambiente relazionale in cui gioca un ruolo centrale l’affettività, mentre in altri contesti sono le norme di comportamento ad assumere un ruolo più marcato. Tuttavia, la relazione affettiva che può restituire sicurezza ai bambini e ragazzi accolti, garantendo loro un accompagnamento sicuro alla vita adulta, è quella che, allo stesso tempo,  si riveli capace di offrire regole chiare e personalizzate,  frutto di paziente esercizio dell’ ascolto e del  discernimento. Parliamo, in questo caso, di un’affettività regolata e regolante.

Muoversi in famiglia in questa prospettiva significa, tra l’altro, avere consapevolezza del limite e ricercare strade di cooperazione e di reciproco sostegno tra famiglie aperte all’accoglienza. Si tratta di fare dell’accoglienza un cammino condiviso, in cui ciascuno è messo in condizione di  maturare assieme ad altri scoperte e consapevolezze, verificare gli errori commessi,  darsi coraggio reciprocamente e imparare a porre segni nuovi di vita comunitaria. Le stesse istituzioni pubbliche possono gestire più efficacemente il loro ruolo nella misura in cui hanno l’opportunità di confrontarsi con esperienze associative che ampliano il respiro della condivisione, dell’accoglienza e della gratuità. La rete “Bambini, ragazzi e famiglie al Sud”, del resto,  mette insieme proprio esperienze associative di questo tipo, ciascuna con la sua storia e la sua originalità, cresciute negli ultimi quindici anni in più regioni.

C’è un ulteriore possibile punto di forza dell’accoglienza in famiglia, che può portare l’affidamento fuori dal terreno della pura gestione di un servizio sociale affidato a famiglie. Questa concreta possibilità poggia interamente su una scelta di cammino che non ha niente di attivistico: quella di tessere relazioni calde e fraterne con famiglie che soffrono una pesante condizione di emarginazione, recuperando legami forti, una funzione educante e uno spazio di senso. Su questo terreno si gioca in futuro la profezia delle famiglie, in questa epoca di frammentazione e di autoreferenzialità . È maturo il tempo per spingere in avanti la frontiera dell’accoglienza e assegnarle una missione ancor più decisiva, rispetto alla presa in affido di bambini.

È la sfida dell’edizione 2007 del Camposcuola della nostra rete, che si terrà a Guardia Piemontese nei giorni 1-7 luglio e che avrà questo tema: “Comunità responsabile e trasformazioni dell’affido”.




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