Una Chiesa in miniatura

intervista a cura di Raffaele Iaria

Qual è il ruolo della famiglia nella Chiesa? In quest’intervista don Renzo Bonetti sottolinea che la comunione sponsale è immagine di quella divina. Un modello unico e radicale.

La famiglia è il luogo privilegiato dell’umanizzazione della persona e della società e per essa passa il futuro del mondo e della Chiesa”.

Sono le parole pronunciate da Giovanni Paolo II il 17 maggio 2003 presso l’Università La Sapienza di Roma. Queste parole sono vere e attuali fino ad oggi e sono il motivo che  sorregge l’impegno anche pubblico della Chiesa sul fronte della difesa della famiglia.

Ne abbiamo parlato con don Renzo Bonetti, che ha guidato per 7 anni l’Ufficio Famiglia della C.E.I.

In queste settimane nel nostro Paese si è sviluppato un ampio dibattito su una proposta di legge per il riconoscimento dei diritti delle persone conviventi (DICO). Un dibattito che ne ha alimentato un altro sul disagio dell’istituto famiglia. Quali sono oggi i disagi della famiglia italiana?

La famiglia, che da sempre è “l’intima comunione di vita e d’amore tra un uomo ed una donna” (Gaudium et Spes 48), ha subito in ogni epoca storica molteplici deformazioni perché la sua profonda natura è un tesoro preziosissimo conservato in un vaso di vetro. Il vivere la fedeltà ed un sacrificio motivato alla realizzazione del coniuge sono, infatti, le esperienze che fanno percepire all’umanità la fedeltà di Dio che si dona totalmente a noi affinché possiamo vivere di Lui. Ora non c’è da stupirsi se un così immenso dono partecipato alla relazione uomo-donna ha trovato, trova e troverà delle incapacità umane ad accoglierlo. L’elenco delle fragilità che la famiglia ha vissuto in epoche passate o vive nell’attuale è lungo e noto: cominciando dalla sottomissione della donna fino all’esaltazione della libertà come diritto a fare ciò che piace. Mi permetto piuttosto di sottolineare che la problematica più grave in ogni caso è la mancanza (o la pochezza) di modelli concretamente vissuti di coppie di sposi che facciano realmente trasparire la valenza profonda del loro amore coniugale.

C’era proprio bisogno dei Dico? Qualcuno ha parlato di “piccola conquista”: è così?

E’ una conquista in realtà solamente per la potentissima lobby omosessuale perché i DICO sono il primo passo che porterà la relazione omosessuale all’equiparazione con il matrimonio anche per quanto riguarda l’adozione dei bambini. Le coppie eterosessuali hanno già l’istituto matrimoniale. Se non lo vogliono per convenienza economica (per non perdere gli assegni per gli alimenti o la pensione di reversibilità maturati in un precedente matrimonio), o per convenienza psicologica (convivenza come prova), o addirittura per uno schema ideologico, allora non sceglieranno neppure i DICO come è stato dimostrato dalle pochissime coppie eterosessuali che nei paesi europei hanno scelto questa nuova tipologia di istituto giuridico parallelo al matrimonio. Eventuali discriminazioni subite dai conviventi in realtà sono risolvibili con semplici modifiche del codice civile.

Qual è il rapporto che oggi si vive tra famiglia e parrocchia? Come le parrocchie possono rispondere a chi afferma che i Dico sono oggi ormai un dato di fatto?

Ciò che mi sembra di rilevare è che nonostante la grande crescita che si è registrata nella sensibilità ecclesiale dell’apporto che scaturisce dalla spiritualità coniugale, unita anche ad una presa di coscienza sempre più netta tra i teologi a riguardo della natura della “grazia per la missione” conferita con il sacramento del matrimonio, la soggettività della famiglia nella Chiesa in realtà non trova una esplicitazione pastorale adeguata. L’unica direzione che viene perseguita per darle rilievo è puramente intra-ecclesiale. Le coppie di sposi in pratica vengono chiamate sempre di più a collaborare nelle diverse attività pastorali della parrocchia. Si può, certamente, sottolineare fin che si vuole che una coppia di sposi che si occupa, per esempio, della catechesi è un segno pieno di significato per la comunità, ma di fatto tutto ciò non esaurisce il valore che vogliamo attribuirgli, in quanto fare i catechisti è un ministero che, come tanti altri, deriva dal battesimo e non dal sacramento del matrimonio. Bisogna invece partire dalla domanda: qual è il ruolo della famiglia nella Chiesa? Può essere solo quello dell’educazione cristiana dei propri figli? Unito magari dall’impegno nel sociale per promuovere delle politiche a favore della famiglia? Se così fosse anche qui non si spiegherebbero le ragioni della sacramentalità del matrimonio. Anche una ragazza-madre, infatti, può educare e testimoniare la fede al figlio. Anche un single deve impegnarsi, per coerenza con la propria fede, a favore di giuste politiche familiari. Il magistero di Giovanni Paolo II, in realtà, ha più volte ribadito la specificità della famiglia che scaturisce dal sacramento: essa è “chiesa in miniatura”, è “chiesa domestica”. Per la rivelazione cristiana, infatti, la coppia uomo-donna è la struttura comunionale nella quale Dio Trinità ha voluto esprimere l’intimo di se stesso: il suo essere perfetta distinzione delle Persone divine e perfetta unità in un Amore infinito. Proprio perché Dio ha voluto donare ad altri da Sé la sua stessa intima natura ha creato l’uomo maschio-femmina. Perciò il ruolo della famiglia nella Chiesa dovrebbe essere molto più consapevolmente quello di essere semplicemente se stessa, l’immagine che Dio Amore fin dall’inizio del mondo ha scelto per farsi conoscere.

Cosa ha portato all’attuale situazione della famiglia contribuendo a danneggiarla e talvolta a deformare il matrimonio stesso? Quali le colpe della Chiesa?

La colpa dei cristiani è quella di non credere fino in fondo a ciò che è la famiglia nel progetto di Dio. La relazione sposo-sposa, infatti, è in se stessa veramente, anche se segnata dai limiti, dalla povertà e dalla libertà di scelta delle persone che la compongono, il modello di comunione più radicale che esista sulla terra.

Marito e moglie, infatti, senza bisogno di ricevere un mandato esplicito e senza alcuna sovrapposizione alla loro struttura umana, nell’amarsi trovano e portano a perfezionamento in sé l’immagine e somiglianza di Dio, che rimane sempre l’unica inesauribile sorgente della loro unione. Vivendo l’amore con questa fede, la coppia cristiana realizza già in se stessa il Regno di Dio e ne annuncia il compimento. Rende visibile al mondo che in ogni momento è possibile un amore sempre nuovo. Un amore che sa ricominciare sempre.

Il 12 maggio prossimo, alcune associazioni cattoliche hanno promosso una grande manifestazione in piazza San Giovanni in Laterano per dire Si alla famiglia. Secondo Lei c’era proprio bisogno di scendere in piazza?

E’ giusto che la Chiesa sia una luce da porre su un lucerniere affinché sia possibile per tutti gli uomini conoscere Colui che è la Verità e che a lei si è voluto congiungere? Se la risposta è positiva, allora vuol dire che ciò è giusto anche per la piccola Chiesa che è la famiglia.




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