Cuore e culla della società
di Alfredo Cretella
Abbiamo intervistato alcuni presidenti delle associazioni firmatarie del Manifesto “Più Famiglia”.Riportiamo le loro dichiarazioni che esprimono una sincera preoccupazione per lo status in cui versa la famiglia.
La famiglia può essere essenzialmente definita come prima culla dell’umanità e cuore della società. Essa nasce dall’amore intimo e privato di due persone diverse e complementari, e per sua natura è chiamata all’accoglienza di altri individui che si inseriscono nel grande cerchio dell’amore. E’ luogo nativo e strumento privilegiato di umanizzazione e personalizzazione della società. Vi è quindi una stretta correlazione tra la società e la famiglia. La prima non può sussistere senza la seconda e la seconda rischia di andare alla deriva senza il supporto della prima. Se la famiglia viene meno è l’intera impalcatura sociale che crolla, come tutte le indagini sociologiche mettono in evidenza.
Nonostante questa secolare e comprovata valutazione c’è chi intende smantellare l’istituzione naturale familiare. Ma sono tanti quelli che in questo tempo si uniscono per fronteggiare il divamparsi di questa cultura che è un vero attentato all’umanità. Family Day, non è solo un’occasione in più per i cattolici di far sentire la loro voce contro la proposta di legge sui DICO, ma anzitutto un momento, per troppo tempo mancato, in cui tutte le famiglie, fondate sul matrimonio, che credono in questa istituzione civile e religiosa, che nasce da un patto d’amore, potenzialmente fecondo, tra un uomo e una donna, gridino ad alta voce il loro orgoglio di essere famiglia (perchè non Family Pride?).
Solo chi non vuole capire, può inerpicarsi lungo la strada sbagliata della convivenza possibile, e della forzata compatibilità tra i due modelli. Chi chiede i DICO non vuole solo un astratto e irrilevante riconoscimento della propria convivenza di fatto, che nessuno gli ha mai negato e che, a dirla tutta, è una realtà già immemore, con l’unica differenza che tale stile di vita, col tempo, è arrivato ad essere sempre più praticato e tollerato nella comunità civile. Piuttosto con la proposta di legge si vuole che il legislatore intervenga con strumenti concreti di tutela, anzitutto a sfondo economico, in favore di coloro che pur non scegliendo il matrimonio, per scelta o per necessità, di quest’ultimo vogliono in tutto o in parte i vantaggi. Ma questi soldi lo Stato dove li prende e a chi li toglie? Risposta: alla famiglia! A quella famiglia che è anche e innanzi tutto il luogo della reciproca solidarietà, che si evidenzia in modo particolare verso i componenti più fragili quali i bambini, gli anziani e i malati. E’ proprio la prefata considerazione che l’Associazione di Medici Cattolici ha qualificato come punto irrinunciabile per l’orientamento delle politiche di welfare, facendole chiedere, con forza, politiche di sostegno alla famiglia affinché sia consentita l’assistenza sanitaria e sociale, senza il ricorso al doloroso allontanamento dei suoi membri più deboli dalle loro radici affettive. Non è certo un giudizio di parte, ma un puro dato statistico, quello che ci rivela che le famiglie di fatto, in percentuale, hanno un tasso di natalità molto più basso, rispetto alle famiglie fondate sul matrimonio, fino a ridursi a 0, per le famiglie omosessuali. Non è un’opzione ideologica, ma una considerazione logica, quella che ci porta a dire che se non si inverte sensibilmente il trend del tasso di natalità, il nostro sistema sociale ed economico è destinato ad un rapidissimo tracollo. Sempre con meno figli e più vecchi, chi pagherà le nostre pensioni?
Ne consegue che il baillame tra famiglia tradizionale e famiglia di fatto, se si vuole, si gioca sul terreno dei valori sì, ma anche sul concreto terreno degli interessi economici in gioco; è giusto sapere, allora, come ha evidenziato il Comitato per la famiglia, nel Manifesto, che l’approvazione o meno del disegno di legge inciderà sulla destinazione dei 4 milioni e 600.000 euro per il 2008 e i 5 milioni di euro per il 2009, previsti dalla norma finanziaria per le politiche familiari.
Quanto è giusto sottrarre quelle sparute risorse alle famiglie che non possono permettersi una casa, non possono permettersi un figlio, che vivono il disagio di essere marginalizzate dalla società economica e politica, che le vuole sempre e comunque efficienti, se si pensa che le coppie di fatto in Italia, ammesso che sia possibile la loro catalogazione, sono appena il 4%, contro il 96% di quelle fondate sul matrimonio? Siamo proprio ancora convinti che sia frutto di una scelta politica e non di una necessità oggettiva preoccuparsi di più della famiglia tradizionale e non di quella di fatto?
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