Sempre colpa della TV?
di Ermanno Corsi
Il 29 gennaio nella diocesi di Nocera – Sarno, l’Ufficio Comunicazioni ha organizzato un convegno dal tema Mass – media e famiglia. Di seguito riportiamo l’interessante intervento del dott. Ermanno Corsi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania.
Credo che sono stati posti due quesiti di grande rilievo in questo convegno: quale immagine di famiglia emerge sulla TV e sulla stampa e come tutelare i minori dall’invadenza della TV. La domanda fondamentale è: abbiamo qualche possibilità di sottrarci all’invadenza delle logiche commerciali che sembrano presiedere alla produzione dei mass-media, soprattutto di quelli nazionali? Dobbiamo essere sempre destinatari passivi o abbiamo qualche strumento da usare e da far valere come strumento di autodifesa? E poi mi chiedo, ma i mass-media, cioè questo complesso di strumenti della comunicazione di massa (giornali, agenzie di stampa, periodici, televisioni nazionali, e locali, informazione elettronica) registrano la realtà o la inventano e, quindi, la determinano. La realtà è quella che passa sotto i nostri occhi. Allora cominciamo, almeno in parte, a giustificare i mass-media perché nel loro insieme hanno un compito: quello di registrare la realtà. Pensiamo, quindi, al sistema dei mass-media come a un grande specchio. Se le immagini che lo specchio riflette non ci piacciono, possiamo spegnere o non leggere, ma sono comunque situazioni che nascono dalla nostra realtà, cioè da come è strutturata la nostra società. Noi possiamo anche fare come gli struzzi: mettiamo la testa nella sabbia, fingiamo di non vedere e non sentire, ma il mondo cammina lo stesso e il flusso delle notizie ci cade addosso lo stesso. In uno spot televisivo, una volta si sentiva un signore esasperato che diceva: “Fermate il mondo, perché voglio scendere”. Amici, a me pare che qua, da questo mondo, non vuole scendere nessuno, anzi la nostra sfida è di rimanerci il più a lungo possibile; solo che dovremmo fare in modo di starci nelle migliori condizioni possibili e, magari, i mass-media possono contribuire a creare migliori condizioni.
Bisogna tutelare i bambini, certo. Però tutto quello che accade e che ha come soggetto e oggetto i bambini, non è che accade per una congiura del diavolo. È dimostrato che quando un bambino va in prima elementare, ha già assorbito 5mila ore di televisione. Questo vuol dire che sono le famiglie che non controllano il consumo di televisione da parte dei bambini. Alcuni studi hanno dimostrato che in prima elementare i bambini non sanno esprimersi se non con il linguaggio degli spot televisivi, cioè della pubblicità. Allora è colpa della televisione? Dalla nostra parte abbiamo il fatto che la TV non si accende da sola. La accende sempre la mano dell’uomo. Allora facciamo in modo che la mano dell’uomo sia guidata dal pensiero. Quando un bambino arriva in prima media, le statistiche ci dicono che su 1800 ore di scuola, ci sono 1500 ore di consumo televisivo. Si realizza così quello che già Papa Giovanni Paolo II condannava quando raccomandava, soprattutto alla mamme, di non usare la televisione come balia elettronica, cioè non affidare alla televisione anche il compito di allevare i nostri figli.
Vorrei sottolineare che è soprattutto la gestione dei mezzi della comunicazione di massa che non va bene. Nel nostro paese, chi è il titolare e il proprietario delle informazioni? Uno sarebbe subito portato a dire che è il cittadino, ma non è così, perché sappiamo che ci sono delle precise logiche. Allora uno va più su e dice che sono i giornalisti, i comunicatori, i proprietari delle informazioni. Ma nemmeno questo è vero, perché i giornalisti devono entrare in un sistema dove c’è un piano, un progetto editoriale che dobbiamo condividere. Allora si pensa che siano gli editori i proprietari delle informazioni, ma non è vero nemmeno questo perché nella tradizione del giornalismo italiano l’editore puro non è mai esistito. Allora chi è il proprietario? È proprio così: è il mondo della politica, il mondo della finanza, le lobbies politiche. Questi sono i proprietari della grande comunicazione nel nostro Paese. E allora noi chi siamo: tanti “Alice nel paese delle meraviglie”? Vogliamo soltanto assistere e non reagire? La grande informazione, quella nazionale, è prigioniera di logiche commerciali e le trasmissioni, i palinsesti vengono organizzati in funzione non dei cittadini, ma della raccolta pubblicitaria. Molti quotidiani escono in Italia solo per essere bollettini e contenitori di pubblicità. La vera competizione, tra le grandi testate, non è sulla qualità dell’informazione, ma su chi mette di più le mani su questa grande torta della pubblicità che è arrivata a 30mila miliardi di vecchie lire. La vera competizione, il “sorpasso” che si registra nelle grandi aziende editoriali, non è determinato dalla qualità della informazione, ma dalla quota maggiore di pubblicità. Ecco perché bisogna tornare al locale, e far proprio l’ammonimento di un grande filosofo il quale, in un saggio molto bello, ha detto: “TV cattiva maestra” facendo una riflessione di questo tipo:
“La televisione produce violenza, la violenza è nemica della democrazia, dunque la televisione è nemica della democrazia”. Però lo stesso filosofo si è corretto subito sollecitando la formazione per tutti coloro che agiscono, a qualunque titolo, nel campo della comunicazione. Se siamo tutti d’accordo e percorriamo la strada della formazione e della culura, può acquistare concretezza l’ammonimento di Enzo Biagi: “Non scrivere, non dire, non far vedere mai di qualcuno, quello che non vorresti si scrivesse, si dicesse, si facesse vedere di te”.
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