Educare alla preghiera, passo dopo passo

La famiglia è il luogo privilegiato per imparare a pregare. Educare alla preghiera dovrebbe rientrare in un preciso progetto formativo in cui i genitori si pongono il problema di trasmettere quanto hanno ricevuto.

Educare alla fede non significa semplicemente insegnare le preghiere e comunicare le norme dell’esperienza religiosa: andare a Messa, astenersi dalle carni nei venerdì di quaresima, ecc. La fede riguarda essenzialmente la sequela, l’incontro con Gesù Cristo e la scelta di diventare suoi discepoli. Solo alla luce di questa educazione che abbraccia tutta la vita e investe ogni dimensione dell’esistenza, trova spazio l’educazione alla preghiera. Pregare non significa chiedere qualcosa ma entrare in relazione. La preghiera è l’espressione di una fede che umilmente cerca Dio e che al tempo stesso si lascia trovare da Lui. Senza questa fede viva, intima, la preghiera si riduce inevitabilmente ad una pratica, ad un insieme di formule dette per abitudine in tempi più o meno prestabiliti. Giovanna e Tonino Ciniglio hanno cinque figlie. Come genitori cristiani si sono posti il problema di educarli alla preghiera, di dischiudere il cuore dei loro figli alla bellezza della relazione con Dio.  La loro esperienza è farcita di consigli utili e interessanti.

L’esperienza di Tonino e Giovanna

La presenza di un bimbo in casa suscita quasi automaticamente un senso di stupore di fronte al mistero della vita. Forse la prima esperienza di preghiera che si vive alla presenza di un figlio, è proprio questa contemplazione di una creaturina che viene ad arricchire la tua casa, a riempire la tua vita. Questo tipo di esperienza ha caratterizzato soprattutto la nascita di Nausicaa, la nostra primogenita, che sin dai primi giorni avrà sicuramente sperimentato la gioia di essere circondata da un particolare clima di affetto, e ciò le ha permesso di appropriarsi, giorno per giorno, di una straordinaria certezza “Dio mi ama e mi circonda della sua presenza

Ricordo anche l’esperienza fatta alla nascita della mia ultima bimba: il salmo 8 mi ha accompagnata moltissimo sia durante il parto, che nei primi giorni di vita di Cristiana, continuamente andavo ripetendomi  “con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza”. Un senso di straordinaria gratitudine mi accompagnava, restavo a guardarla, con stupore davanti alla culla e, benchè fossi spesso molto stanca, ringraziavo Dio per la meraviglia di questa nuova vita donata.

I primi passi

Quando si comincia a pregare con i bimbi piccoli, la preghiera deve essere semplice e breve, e neppure sempre la stessa, perchè diventa monotona. Utilizziamo piccole frasi che richiamano la loro quotidiana esperienza, così mediante occasioni assai diverse, li aiuteremo a scoprire questa presenza viva di Dio.

La qualità della preghiera dipende molto dalla sincerità con cui i genitori si esprimono.

Cerchiamo di incoraggiare nel bambino la preghiera libera, spontanea, che scaturisce dalla vita. Dio è un amico a cui si desidera dire buongiorno al mattino, buonasera prima di andare a letto, per ringraziarlo della giornata trascorsa.>

Quando l’intelligenza del bambino si sveglia, egli ci assalta con i suoi: “mamma, perchè?”. Prendiamolo sul serio, ascoltiamolo con attenzione e cerchiamo di dargli una risposta che egli può capire oggi, o ancora meglio, a non rimandarla ad un altro giorno o a quando “ti sei fatto più grande”. La nostra sia una risposta personale dove la sua esperienza si intreccia con la nostra, il bambino ha bisogno della testimonianza della nostra fede.

La necessità di pregare

Insegnare ai figli a pregare significa innanzi tutto aiutarli ad entrare in un rapporto personale con Dio e non essere fedeli ad un’abitudine che ci imponiamo per essere in regola con Dio. Se essi ci chiedono: “Perchè bisogna pregare?” possiamo rispondere che “la preghiera è un po’ come raccontare tutto ciò che hai fatto, la tue gioie, le tue pene, proprio come a qualcuno a cui tu vuoi molto bene”. Pregare è incontrare qualcuno che amiamo e da cui ci sentiamo amati, parlargli con semplicità e ascoltarlo in modo che la sua parola illumina la nostra vita. Quando si è più aridi basta anche solo confessare il nostro amore, lasciare che i più piccoli ripetano soltanto “Gesù ti voglio bene!”.

A volte però, capita che essi ci chiedono come fare per amare Dio. Potrà risultarci difficile far conoscere questo Dio così discreto, rispettoso della nostra libertà, che non riusciamo a vedere. Ma Egli si è rivelato in Gesù Cristo, si è reso visibile in Lui. Se vogliamo sapere veramente chi è Dio, dobbiamo ascoltare Gesù, guardarlo, contemplarlo, imitarlo con un cuore disponibile.  E’ stato utile per noi leggere o solo raccontare, ogni sera, prima di dare la benedizione e la buona notte, qualche passo del vangelo, semmai utilizzando quei testi appositamente pensati per i ragazzi, dove il linguaggio è più semplice e immediato.

E quando crescono?

Qualche mese fa Chiara che sta diventando grandicella, mi ha scritto un messaggio, chiedendomi di aiutarla: “Mi sembra in questo periodo di non saper pregare, e quando ci provo, non sento niente”. Credo che non sia male che il bambino abbia a volte l’impressione di non saper pregare. Se sa farlo troppo bene, rischia di ascoltarsi con un certo compiacimento, e poi questi dubbi sono il segno che sta crescendo e vuol dare significato alle sue azioni. Le ho risposto che potevamo pregare insieme più spesso, o che comunque sarebbe stato molto utile  accostarsi più frequentemente alla Parola, perchè attraverso di essa Dio ci parla. Chiara mi ha risposto: “Ci ho provato mamma, ma non ho sentito nulla!”. Le ho risposto “Dio si fa aspettare spesso, per capire bisogna predisporre il tuo cuore. Tu sai che quando la mamma ti dice: “Svelta, aiutami a preparare la tavola”, se tu sei occupata in un tuo gioco o interesse, stenterai a capire ciò che ti ho chiesto. Se invece sono uscita e tu aspetti impaziente il mio ritorno, corri verso di me non appena senti la mia voce. Con Dio succede un po’ così; se non abbiamo in cuore il desiderio di fargli piacere, non ascolteremo la sua voce”.

La domenica, giorno del Signore

Oltre al Padre nostro e all’Ave Maria, o tante altre preghiere molto belle, come il Gloria o il Magnificat, noi in famiglia abbiamo scoperto la bellezza di pregare con i salmi. Soprattutto di domenica, giorno di festa che tutti attendiamo con particolare trepidazione perchè dedicato al Signore, o nelle solennità, ci ritroviamo per la preghiera delle lodi mattutine. E’ un momento di comunione vissuto all’insegna della festa, in cui vogliamo cantare la sua gloria, ripetendo insieme, a cori alterni, i salmi che la liturgia propone. Tutti si sentono coinvolti, perchè a ciascuno è affidato un compito, anche semplice come accendere una candela, leggere le antifone o scegliere un canto. A Sara, poi, piace proclamare la Parola, in genere inseriamo il brano del vangelo del giorno, e alternandoci, noi genitori, proviamo a spezzarla con semplicità, e ad incarnarla nella situazione concreta nella quale viviamo.

La riconciliazione familiare

Una delle esperienze più significative del cammino di fede compiuto in questi anni è sicuramente la riconciliazione in famiglia vissuta in famiglia utilizzando un testo del nostro movimento, la Fraternità di Emmaus. Essa ci ha  permesso di sanare col  perdono, situazioni di incomprensioni e di divisione, che tante volte si creano soprattutto quando i figli crescono e le relazioni si fanno più difficili.

Ordinariamente, però, abbiamo scoperto come estremamente arricchente, accostarci più spesso, tutti insieme alla riconciliazione sacramentale, vivendo questo momento come festa del perdono.

Ovviamente è opportuno recarsi in un luogo dove c’è disponibilità di sacerdoti, in modo da non rendere troppo lunga l’attesa e poi concludere facendo  festa.

Giovanna e Tonino Ciniglio




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