Capire il conflitto

Il 14 febbraio 2007, due anni dall’assassinio dell’ ex primo ministro Rafic El Hariri. Quale paesaggio politico ci offre il Libano, e quali saranno le prospettive di questo popolo che non cessa di soffrire da oltre 30 anni a causa del conflitto arabo-israeliano che ha scisso la regione mediorientale. Uno scorcio della situazione libanese raccontato da una donna che ha vissuto il conflitto in prima persona.

In Libano oggi la popolazione è fortemente divisa in due campi distinti :

1- “Le Forze del 14 febbraio” formate soprattutto dalla “corrente del futuro”, che raccoglie la maggioranza della Comunità musulmana sunnita (cioè la corrente che è stata fondata da Hariri stesso) e  una parte dei cristiani (forze libanesi di Geagea e di altre personalità, il 30% dell’insieme dei cristiani) e con la maggioranza della Comunità drusa rappresentata dal capo Walid Joumblat e una parte dei comunisti.

La politica di questa coalizione è basata soprattutto sull’imputazione del regime siriano dell’ assassinio di Hariri e di tutti gli altri attentati che hanno avuto luogo in seguito. In questa prospettiva raccomanda, in collaborazione con gli USA e gli stati occidentali, la creazione di un tribunale internazionale che garantirebbe la sicurezza del popolo libanese. Questo campo accusa la coalizione avversa, l’opposizione, di fare il gioco politico dei regimi siriano ed iraniano in Libano e di bloccare il processo di liberazione con l’assassinio del 14 febbraio 2005. In questo senso fa tutto per restare al potere e fare passare il processo americano.

2 – “L’opposizione” raccoglie: la CPL, (corrente patriottica libera del generale Aoun), Hezbollah (partito dalla maggioranza sciita che opera per la liberazione del Libano dall’occupazione israeliana e legato al regime iraniano), una parte degli drusi, dei sunniti e una parte dei comunisti, e delle parti pro-siriane.

L’opposizione accusa il governo di avere impedito la riforma di quella legge elettorale imposta dall’occupazione siriana da anni, per restare al potere, come di avere neutralizzato il consiglio costituzionale per non rimettere in questione i risultati delle elezioni. Attacca l’allineamento del governo libanese alla politica americana che è lungi dall’essere oggettiva ed imparziale nella regione e che rischia di irakizzare la scena libanese poiché impone soluzioni irreali che non ne rispettano le specificità. Per queste ragioni il tribunale internazionale non deve essere utilizzato come un’arma politica per fini prestabiliti. La legge di questo tribunale deve innanzitutto essere bene studiata da chi è libanese. Questa “opposizione” protesta contro la mancanza di partecipazione nelle grandi decisioni che riguardano tutto il Libano; in questo senso il governo, che non è più legale dopo la dimissione dei ministri sciiti, non rispetta il principio di democrazia che è alla base dell’esercizio del potere in Libano. Ciò senza parlare dell’aspetto economico dove le persone che sono al potere oggi sono le stesse che erano al potere sotto l’occupazione siriana e che hanno saputo approfittare e fare il loro interesse facendo annegare il paese nei debiti. Una pericolosa oligarchia perversa nel Paese e ne compromette il futuro socio – economico.

Tra queste due coalizioni ci sono quotidiani attacchi sia sui media e sia nelle piazze. Il Libano continua il suo cammino in mezzo ai contrasti.

Ciò che manca è un certo senso di giustizia e d’imparzialità che deve ispirare gli interventi della Comunità internazionale. Una sensazione di desolazione e di delusione continua ad invaderci da quando il Libano è stato consegnato all’esercito siriano nell’anno 1990 dalla Comunità internazionale e, da quando è stato liberato, ma non innocentemente, nell’anno 2005. A chi poter ricorrere quando il senso della giustizia e del bene comune non è più all’ordine del giorno di quelli che tengono le corde del gioco?




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