Sposi e genitori,secondo il cuore di Dio

di Raffaele Iaria

I coniugi Gheddo

Una storia di vita quotidiana, cristianamente vissuta, “senza nulla di straordinario o di miracolistico, che ha attirato su di noi orfanelli le benedizioni di Dio!”, scrive p. Gheddo parlando dei genitori, Rosetta Franzi e Giovanni Gheddo,  “sposi e genitori cristiani secondo il cuore di Dio”come egli li definisce. Il processo di beatificazione è iniziato nella diocesi di Vercelli il 18 aprile 2006 con la costituzione del tribunale per il “processo informativo diocesano” che dovrà interrogare i testimoni ed esaminare i documenti scritti della loro vita e del loro matrimonio, durato solo sei anni.

La cerimonia si è celebrata a Tronzano (Vercelli), dove i due giovani militanti d’Azione Cattolica hanno vissuto la loro breve esistenza con spirito evangelico, scalando assieme “la vetta della santità nella carità e nell’accettazione gioiosa della volontà di Dio”. Ma chi erano Rosetta Franzi e Giovanni Gheddo?

Rosetta era nata a Crova (Vc) nel 1902 ed era una insegnante elementare. Molto religiosa e caritatevole con i poveri, da ragazza aveva curato l’asilo di Crova e insegnava privatamente a uomini e donne che non erano andati a scuola; da giovane sposa e mamma a Tronzano, partecipava all’Azione cattolica ed era catechista parrocchiale. Il matrimonio con Giovanni Gheddo, un giovane geometra, nato a Viancino (frazione di Crova) nel 1900,  è durato sei anni, dopo la nascita di tre figli e due aborti spontanei. E’ morta il 26 ottobre 1934 di parto e di polmonite alla giovane età di 32 anni con i suoi due gemellini di cinque mesi, che non sono sopravvissuti.  Dopo la morte della moglie il giovane Gheddo si impegnò in varie opere parrocchiali e nel suo lavoro di geometra. Ancora oggi a Tronzano  è ricordato come “il geometra dei poveri”: faceva gratis il suo lavoro per i meno abbienti. Per la sua autorità morale e religiosa, era chiamato come “conciliatore” quando in paese succedevano liti: riusciva a portare la pace, appellandosi alla Divina Provvidenza e all’amore che deve regnare nelle famiglie. Morì in Russia, all’età di 42 anni, dove era stato mandato in guerra per punizione non avendo mai voluto iscriversi al Partito fascista. Secondo la legge di allora non poteva essere mandato in guerra in quanto vedovo e padre di tre bambini. Ma così non fu.

In Unione Sovietica, Giovanni Gheddo muore con un gesto eroico di carità. Era il 17 dicembre del 1942: i russi attaccarono la divisione Cosserie comandata da Gheddo. Lui avrebbe potuto mettersi in salvo ma ha preferito far allontanare i suoi commilitoni sani restando accanto ai feriti intrasportabili. “Tu sei giovane – disse al suo sottotenente – devi ancora farti una vita. Salvati, qui rimango io”. Il giovane tenente e i militari andarono via e si sono salvati, mentre Gheddo è stato fatto prigioniero dai russi e ucciso, forse in quella stessa circostanza.  “Il più bel ricordo che ho di mamma Rosetta – scrive il figlio, p. Piero –  è quando alla sera inginocchiati con lei davanti alla bella immagine di Maria che c’era in camera da letto, noi bambini dicevamo le ‘preghiere della buona notte’; se papà Giovanni era in casa, anche lui pregava con noi”. Rosetta e Giovanni al momento del matrimonio avevano chiesto a Dio la grazia di avere molti figli e che almeno uno di essi diventasse sacerdote o suora.

“Papà in quel momento guadagnava poco, la mamma non aveva mai percepito uno stipendio. E allora? Non importa, il loro era veramente un matrimonio di amore e volevano vivere secondo la legge di Dio; e poi avevano un’assoluta fede nella Provvidenza”, scrive p. Gheddo, diventato sacerdote missionario.

Un esempio, quello di Rosetta e Giovanni Gheddo, di vita vissuta insieme “nelle gioie e nelle sofferenze” di una normale famiglia da imitare senza aver paura e timore.




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