Eutanasia e accanimento terapeutico

di Anna Pisacane

 Il dibattito etico sull’eutanasia è giunto al suo vertice. Esso può vantarsi di occupare una presenza quotidiana sui media. Ed è così che coinvolge tutta l’opinione pubblica che, come capita in questi casi, si spacca in due. Rimane per noi di fondamentale importanza la chiarezza dei termini e delle questioni in gioco affinché si possa sviluppare un’idea chiara e corretta senza lasciarsi ammaliare da “bandiere viventi” che si prestano al gioco.

 

La parola eutanasia proviene dal greco: eu = buono, thanatos = morte. ‘Buona morte’, termine che si è evoluto e adesso fa riferimento all’atto di concludere la vita di un’altra persona, dietro sua richiesta, allo scopo di eliminare le sofferenze.

L’accanimento terapeutico, invece, richiama l’idea di una terapia aggressiva o somministrata con particolare insistenza. Esso va nella direzione illusoria di un controllo totale sulla vita, al punto di esigerla oltre i limiti imposti dalla natura umana, che è inevitabilmente finita e mortale. L’accanimento terapeutico avviene quando una persona o i suoi parenti considerano la morte stessa una malattia curabile, invece che un processo fisiologico di fine attività vitale. Il tentativo di opporsi con ogni mezzo al processo fisiologico della morte, riesce in realtà soltanto a prolungare l’agonia, che diventa così lunga, sfiancante e dolorosa, anche per i parenti.

Il testamento biologico (chiamato anche testamento di vita) è l’espressione di una precisa volontà da parte di una persona (testatore) redatta in tempi anteriori, non sospetti ed in condizioni normali, che reciti come intende che gli vengano somministrate le cure di qualsiasi tipo e natura, quando non sarà più in grado di intendere e di volere.

Uno stato vegetativo persistente in inglese Persistent Vegetative State (PVS), noto anche come sindrome apallica oppure coma vigile, è una condizione dei pazienti con danno cerebrale severo nei quali il coma è progredito ad uno stato di veglia non corrispondente allo stato di consapevolezza o coscienza. Esistono molte controversie sia negli aspetti medici che legali sul fatto se questa condizione sia irreversible oppure no.

Le cure palliative hanno lo scopo di ridurre i sintomi di una malattia non guaribile, di rendere sopportabile il dolore e di migliorare la qualità di vita del malato. La sua definizione esatta deriva dalla parola in latino “pallium”: mantello, protezione.

L’Hospice è una struttura che fornisce supporto ed assistenza a chi si trova nella fase terminale di una malattia inguaribile, per consentirgli di vivere la vita residua in pienezza e nel modo più confortevole possibile. Da un punto di vista organizzativo l’Hospice è una struttura intraospedaliera o isolata nel territorio che ha in parte le caratteristiche della casa, in parte quelle dell’ospedale è un luogo dove è possibile trattare i problemi dell’ammalato con ogni mezzo idoneo, medico, assistenziale, psicologico, spirituale al fine di migliorarne la qualità di vita. Favorisce una personalizzazione delle cure ed una presenza continua di familiari e conoscenti vicini al malato.




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