Aprirsi all’affido è possibile
di Marco Giordano
Quali sono i “requisiti minimi” di cui deve essere in possesso chi vuole aprirsi all’affido familiare? Bisogna assicurare un certo livello di reddito e un “posto fisso”? Occorre avere un’età compresa in una determinata fascia? È necessario essere una coppia?
Questi ed altri quesiti simili ingombrano sovente i pensieri di coloro che iniziano a pensare di voler accogliere un bambino. E poiché, non di rado, non si sa a chi chiedere i lumi necessari, gli “aspiranti affidatari” finiscono con il rifarsi ai criteri dell’adozione, più noti anche al popolo medio. L’effetto è il morire sul nascere di molte aspirazioni e desideri di bene, una sorta di auto-eliminazione che le famiglie applicano a se stesse, convincendosi della impossibilità di fare affido senza neanche porre il quesito ai Servizi competenti. Ed è un gran peccato, perché l’affido, a differenza dell’adozione, non va affatto a sindacare sul portafoglio, sull’aspetto anagrafico, o sullo stato civile. Anzi, più in generale, bisogna dire che non vi sono affatto parametri standardizzati entro i quali bisogna rientrare.
L’unico elemento necessario, citato dall’art. 2, comma 1 della legge 184/83 e successive modifiche è l’essere “in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”.
In questa valutazione, che la stessa legge affida al compito dei Servizi sociali comunali e in alcuni casi ai giudici minorili e tutelari, sono centrali gli aspetti come la solidità delle relazioni tra i membri della famiglia affidataria e la condivisione di ciascuno di loro circa la scelta dell’accoglienza, la possibilità di dedicare al minore il tempo necessario, l’assenza di problemi di salute che impedirebbero un adeguato accudimento, ovviamente l’assenza di problemi di devianza sociale (tempo disponibile, buono stato di salute).
Certo sull’idoneità all’accoglienza incidono anche le condizioni economiche, quelle ambientali (salubrità e localizzazione dell’abitazione) ma senza paletti prefissati. Anzi, non di rado accade che una famiglia con condizioni economiche modeste sia “più in grado” di fare affido rispetto a una famiglia benestante, così come non è detto che il meglio per un minore proveniente da un quartiere di periferia sia l’essere “trapiantato” in una zona residenziale.
Sull’età poi non ci sono limiti, anzi in alcuni casi l’essere molto avanti negli anni rende più idonei all’accoglienza di quei minori che hanno sperimentato relazioni eccessivamente soffocanti nella propria famiglia. Ad esempio nel caso di ragazzine abusate o maltrattate dai genitori spesso l’accoglienza migliore (nel senso di “più adatta”) è quella offerta da una nonna affidataria.
Infine per quanto riguarda la possibilità di accoglienza anche da parte di persone singole è la stessa legge 184/84 al suddetto art. 4, comma 2 a prevederne esplicitamente la possibilità. Anzi, come visto nell’esempio della nonna affidataria, a volte, nei casi di minori con sofferenze particolari, il single è più adatto della coppia.
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